Prodotto tensoriale

Da testwiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Template:Nota disambigua In matematica, il prodotto tensoriale, indicato con , è un concetto che generalizza la nozione di operatore bilineare e può essere applicato a molteplici oggetti matematici, ad esempio a spazi vettoriali e moduli.

Nel caso di due spazi vettoriali V e W sul campo K, il prodotto tensoriale VW è ancora uno spazio vettoriale su K. Si può pensare ad una applicazione bilineare

V×WL,

come ad un prodotto tra i vettori di V e W con valori in un terzo spazio vettoriale L.

Dato un altro spazio M ed un omomorfismo

φ:LM,

si ha che φ(vw) è un prodotto su V×W a valori in M. Si può dimostrare che esiste un "prodotto universale" a valori in un certo spazio VW con la proprietà che tutti i possibili prodotti su V×W si possono ottenere, in modo unico, trasformando linearmente il codominio VW. Se v e w sono rispettivamente elementi di V e W si denota con vw il prodotto di v e w in VW. Per dimostrarne l'esistenza lo si costruisce come spazio quoziente dello spazio vettoriale libero su V×W imponendo le relazioni ovvie per far sì che la proiezione dopo l'immersione sia bilineare.

Prendendo spazi quozienti del prodotto tensoriale si possono aggiungere proprietà a . Ad esempio il prodotto universale simmetrico si ottiene imponendo la relazione

vwwv=0,

cioè prendendo il quoziente

(VW)/Z,

dove Z è il sottospazio generato da tutti gli elementi del tipo vwwv. Il prodotto universale antisimmetrico invece si ha imponendo la relazione

vw+wv=0.

Queste costruzioni sono fondamentali in svariati campi (ad esempio permettono di definire metriche e forme differenziali sugli spazi tangenti di varietà differenziabili).

Partendo con degli R-moduli M e N (strutture che generalizzano gli spazi vettoriali prendendo gli scalari in un anello invece che in un campo), e supponendo R commutativo per semplicità, si può dare la stessa definizione che per il caso degli spazi vettoriali di MRN (anche in questo caso si può omettere il pedice a se è evidente dal contesto l'anello rispetto al quale si stanno considerando i moduli). Anche la dimostrazione dell'esistenza rimane la stessa. Nonostante le similitudini iniziali con il caso degli spazi vettoriali il prodotto tensoriale tra moduli può riservare delle sorprese. Ad esempio

(/m)(/n)=0,

se m ed n sono coprimi.

Definizione

Riprendendo quanto detto nell'introduzione, si definisce prodotto tensoriale di due spazi vettoriali V, W uno spazio VW assieme ad una applicazione bilineare

:V×WVW,

per cui data una qualsiasi operazione :V×WL bilineare esiste un unico omomorfismo

φ:VWL,

che fattorizza tramite (vedi il primo diagramma a destra), cioè tale che

vw=φ(vw).

Un altro modo di scrivere la stessa cosa (vedi il secondo diagramma a destra) è che la coppia (VW,) è un elemento universale per il funtore 𝒢 dalla categoria degli spazi vettoriali a quella degli insiemi che manda X nella famiglia delle funzioni bilineari

V×WX,

facendo corrispondere ad un omomorfismo

φ:XY,

la funzione che associa ad un prodotto

:V×WX,

il prodotto (v,w)φ(vw). In figura

(𝒢(φ)())(v,w)=φ(vw)=vw.

Si dirà anche che (VW,), o semplicemente VW, gode della proprietà universale per i prodotti tensoriali.

Se esistono due prodotti (V1W,1) e (V2W,2) che soddisfano la definizione allora esiste un unico isomorfismo φ tra V1W e V2W tale che φ(v1w)=v2w per ogni coppia (v,w). Per la dimostrazione di questo e dell'esistenza di un prodotto tensoriale si rimanda alle relative sottosezioni.

Il codominio VW contiene tutti gli elementi del tipo vw, che sono immagini tramite delle coppie (v,w), ma l'elemento generico di VW non è di questa forma, è piuttosto una somma finita di tali termini, cioè, se UV×W è finito, sarà del tipo

(v,w)Uvw.

Se V e W hanno dimensione n ed m con basi {vi}i=1,,n e {wj}j=1,,m rispettivamente, i vettori viwj per i=1,,n e j=1,,m formano una base di VW (vedi Coordinate).

Sempre in dimensione finita, esiste un isomorfismo naturale tra lo spazio delle forme bilineari e V*W* (vedi Proprietà), che in geometria differenziale è spesso sfruttato per definire V*W* (e VW usando l'isomorfismo canonico dei due spazi con V** e W** rispettivamente). Per una trattazione più completa rispetto a questo punto di vista si rimanda alla voce Tensore.

Esistenza

Si è definito il prodotto tensoriale dicendo che è una coppia con una certa proprietà. In questa sezione si dimostrerà che una tale coppia effettivamente esiste.

L'idea di base è che tra gli elementi di uno spazio vettoriale candidato a "codominio universale" per un prodotto, non deve sussistere nessuna relazione ulteriore a quelle necessarie per rendere il prodotto bilineare. Quindi si parte da uno spazio libero, senza relazioni, e poi si pone uguale ciò che si vuole sia uguale (il che significa prendere quozienti, vedi il libro di Artin Algebra capitoli sugli anelli e sui moduli).

Sia F lo spazio vettoriale libero su V×W. Si ricorda che F è lo spazio vettoriale che come base ha tutte le coppie (v,w). Sia K il sottospazio generato da tutti i vettori del tipo

(αv1+βv2,w)α(v1,w)β(v2,w)
(v,αw1+βw1)α(v,w1)β(v,w2).

Mandando a zero i vettori di

K

, cioè passando al quoziente

F/K

, la proiezione dopo l'immersione diventa bilineare. La coppia

(F/K,πi)

, dove

π

è la proiezione canonica ed

i

l'immersione di

V×W

in

F

, soddisfa le richieste ed è un prodotto tensoriale di

V

e

W

. La situazione può essere riassunta dal diagramma commutativo

La dimostrazione è immediata, infatti

V×W

è una base di

F

quindi esiste un'unica estensione lineare

s

di

ρ

su

F

, e visto che il nucleo di

s

contiene

K

(perché

ρ

è bilineare) la proprietà caratteristica della proiezione nello spazio quoziente ci dà l'unica applicazione lineare

f

per cui

s=fπ

, cioè esiste un'unica

f

tale che (chiamando

la funzione

πi

)

ρ(v,w)=si(v,w)=fπi(v,w)=f(vw).

Unicità

L'unicità del prodotto tensoriale, nel senso indicato sopra, è una proprietà di tutti gli elementi universali.

L'unico punto non banale della dimostrazione è notare che se

VW

è un prodotto tensoriale, e la funzione

h:VWVW,

è lineare e lascia fissi tutti i vettori della forma vw allora h è l'identità. L'idea è fattorizzare tramite . Infatti per ipotesi è bilineare su V×W quindi esiste un'unica h tale che

vw=h(vw),

e dato che l'applicazione identità soddisfa queste condizioni, deve essere

h=id.

Ora si supponga che (V1W,1) e (V2W,2) soddisfino entrambi la proprietà universale, allora esistono

φ:V1WV2W,

e

ψ:V2WV2W,

tali che per ogni coppia (v,w) si ha

φ(v1w)=v2w e ψ(v2w)=v1w.

Sostituendo l'una nell'altra si ha

(φψ)(v2w)=v2w, (ψφ)(v1w)=v1w,

da cui, per quanto detto all'inizio, φψ è l'identità su V2W mentre ψφ è l'identità su V1W. In altre parole φ è un isomorfismo, ed è l'unico per cui valga

φ(v1w)=v2w.

Proprietà

Di seguito U, V e W saranno spazi vettoriali su un campo k, ed u, v e w dei loro rispettivi elementi.

  • Associatività:
    (UV)WU(VW),
    con
    (uv)wu(vw).
    L'applicazione è ben definita perché è assegnato il valore ad un insieme di generatori. Fissiamo u. Sia
    fu:V×W(UV)W,
    la funzione bilineare
    fu(v,w)=(uv)w.
    Se la fattorizziamo tramite il prodotto tensoriale (applichiamo la proprietà universale) abbiamo l'applicazione lineare
    φu:VW(UV)W,
    che manda vw in (uv)w. Anche la funzione
    U×(VW)(UV)W,
    che manda (u,vw) in φu(vw) è bilineare e fattorizzandola abbiamo l'omomorfismo voluto. Possiamo costruire in modo analogo l'inversa ottenendo l'isomorfismo.
  • Commutatività:
    VWWV,
    con
    vwwv.
    Per dimostrarlo è sufficiente fattorizzare tramite il prodotto tensoriale la funzione bilineare
    f:V×WWV,
    con
    f(v,w)=wv.
    In modo analogo possiamo ottenere l'inversa. Attenzione: questo non vuole in alcun modo suggerire che in VV i due vettori vw e wv sono uguali, semmai è vero il contrario.
  • Distributività rispetto alla somma diretta:
    U(VW)(UV)(UW),
    con
    u(v,w)(uv,uw).
    Questa volta non conviene usare il tipo di dimostrazione dei casi precedenti perché non riusciremmo a costruire l'inversa. Dimostriamo allora che ogni prodotto su U×(VW) si fattorizza in modo unico tramite (UV)(UW). L'applicazione
    φ:U×(VW)(UV)(UW),
    che manda (u,(v,w)) in (uv,uw) è bilineare. Se E è uno spazio vettoriale e ψ un'applicazione bilineare da U×(VW) in E, possiamo scrivere
    ψ(u,(v,w))=ψ(u,(v,0))+ψ(u,(0,w))
    questo ci dà la fattorizzazione tramite φ.
  • Tensorizzare con il campo degli scalari:
    kkVV,
    con
    αvαv.
    Intuitivamente è quasi ovvio, formalmente dimostriamo che V e la mappa bilineare
    φ:(α,v)αv,
    soddisfano la proprietà universale. Se
    ψ:k×VW,
    è bilineare, allora
    ψ(α,v)=ψ(1,αv)=ψ(1,φ(α,v)),
    fattorizzando in modo unico ψ tramite φ.
  • knkVVn. Segue dalle precedenti.
  • knkkmknm. Segue dalle precedenti.
  • Se V e W hanno dimensione finita esiste un isomorfismo canonico
    V*W*Bil(V,W;k),
    che associa φψ a φψ (che calcolata nella coppia (v,w) vale φ(v)ψ(w)). Infatti
    f(φ,ψ)=φψ,
    è bilineare, quindi possiamo fattorizzarla tramite il prodotto tensoriale per ottenere un omorfismo che è suriettivo e quindi anche iniettivo perché i due spazi hanno la stessa dimensione.

Esempi

Sia V uno spazio vettoriale su un campo K

  • Tre esempi basilari per la geometria differenziale quando V è lo spazio tangente Mp ad un punto p di una varietà differenziale M sono:
    • Tr(Mp):=MpMp (r fattori), lo spazio dei tensori controvarianti di grado r;
    • Ts(Mp):=Ts(Mp*), spazio dei tensori covarianti di grado s;
    • Tsr(Mp):=Tr(Mp)Ts(Mp), spazio dei tensori misti di tipo (r,s).

    Con questi si può definire il fibrato tensoriale

    π:TsrMM,

    di tipo (r,s) come l'unione disgiunta dei vari Tsr(Mp) per tutti i punti di M, cioè:

    TsrM:=pMTsr(Mp)

    assieme alla proiezione canonica π:(p,x)p (si ricorda che se {Mp}pM è una famiglia di insiemi indicizzata da M la loro unione disgiunta è p{(p,x):xMp})).

  • Più in generale, sia in geometria differenziale che in topologia algebrica sono ricorrenti i fibrati tensoriali, cioè fibrati vettoriali che hanno per fibra un prodotto tensoriale. In particolare, se EM e HM sono due fibrati vettoriali, si indica con EHM il fibrato tensoriale che ha come fibra il prodotto tensoriale delle fibre dei fattori e struttura di fibrato indotta nel modo ovvio.
  • In topologia algebrica, e più precisamente nella K-teoria, per studiare la struttura geometrica di uno spazio topologico X si costruisce un certo anello K(X) partendo dall'insieme Vec(X) dei fibrati vettoriali su X. Le informazioni geometriche interessanti possono essere contenute solo in fibrati non banali (cioè in fibrati che non si spezzano globalmente nel prodotto cartesiano dello spazio di base con la fibra), quindi si considerano equivalenti due fibrati vettoriali EX e HX quando esistono due interi m, n tali che la somma di Whitney
    EBmX,
    è isomorfa a
    HBnX,
    dove
    BmM,
    è il fibrato banale su X con fibra m-dimensionale. L'insieme Vec(X) modulo questa relazione di equivalenza forma un anello, indicato con K(X), rispetto alla somma
    [E][H]:=[EH],
    e il prodotto
    [E][H]:=[EH],
    dove [E] è la classe di equivalenza di EX. Si noti che Vec(X) è solo un semigruppo rispetto alla somma di Whitney.
  • In geometria differenziale, fra i vari modi di definire una connessione su un fibrato vettoriale EM c'è quello di considerarla come una mappa D che ad ogni sezione di E associa una sezione del fibrato tensoriale
    T*(M)EM,
    che ha per fibra su un punto pM lo spazio vettoriale T*(Mp)Ep, in modo che
    • se s e t sono sezioni di E allora
      D(s+t)=D(s)+D(t);
    • se s è una sezione di E ed f una funzione liscia su M allora
      D(fs)=dfs+fD(s).
  • Se L è un'estensione di K possiamo cambiare il campo dei coefficienti di V da K a L prendendo il prodotto tensoriale LKV (il K a pedice di significa che abbiamo considerato L come spazio vettoriale su K), che infatti è un L-spazio vettoriale in modo canonico:
    w(zv):=(wz)v,
    per ogni w e z appartenenti ad L. Nel caso particolare con K= e L= il processo si dice di complessificazione ed è utile per studiare la struttura degli endomorfismi di V con autovalori complessi.

Coordinate

Basi e coordinate

Siano V e W due spazi vettoriali con basi {vi}i=1,,n e {wj}j=1,,m rispettivamente.

Si consideri il prodotto tensoriale (F/K,πi) costruito sopra. È chiaro che

{π(i(v,w)):vV,wW}

è un insieme di generatori per F/K. Un qualsiasi altro prodotto (VW,) che goda della proprietà universale deve (vedi Definizione) essere isomorfo a (F/K,πi) con (πi)(v,w) che corrisponde a vw, quindi si può affermare che {vw:vV,wW} genera VW.

Per un generico vw sia

v=xivi

e

w=yjwj.

Grazie alla bilinearità di possiamo espandere vw come

vw=(i=1nxivi)(j=1myjwj)=i=1nj=1mxiyj(viwj)

per esempio, bastano i vettori viwj con i=1,,n e j=1,,m per generare VW.

Nelle proprietà si è visto che VW ha dimensione nm, quindi i viwj, che in totale sono nm, formano una base.

Fissata la base {viwj}, come accade per tutti gli spazi vettoriali, ogni elemento di VW è unicamente determinato dalle sue coordinate. Più esplicitamente se a appartiene a VW, esiste un unico insieme di nm numeri aij tale che

a=i=1nj=1maijviwj.

Tensori covarianti, controvarianti e misti in coordinate

Per alleggerire la notazione, in questa e nelle prossime due sezione si userà la convenzione di Einstein. In poche parole, quando un indice appare sia a pedice che ad apice in una formula si sottintende la sommatoria su quell'indice. Ad esempio

ej=Ljifi

in realtà sta per

ej=iLjifi.

Come accennato negli esempi, in geometria differenziale ricorrono spesso prodotti tensoriali del tipo

VV V*V*

dove V è lo spazio tangente ad un punto di una varietà differenziale e V* è il suo duale. Se i fattori V sono m mentre i V* sono n, i vettori di questo prodotto tensoriale si dicono tensori (misti) di tipo (m,n).

Nel caso particolare in cui n=0 cambiano nome in tensori controvarianti di ordine m, mentre se ci sono solo fattori V* diventano i tensori covarianti di ordine n.

Si fissi una base {ei}i=1,,r per V e la duale {εj}j=1,,r su V*, per esempio

εj(ei)=δij

dove il termine di destra è il delta di Kronecker. Un tensore a di tipo (m,n) in componenti si scrive (adottando la convenzione di Einstein)

a=aj1jmi1inei1einεj1εjm

con ogni i ed ogni j sommato tra 1 e r (la dimensione di V e V*).

Cambiamenti di base e trasformazione delle componenti

Nel contesto della sezione precedente, siano {ei}i=1,,r e {fi}i=1,,r due basi di V, e

L=(L11Lr1L1rLrr)

la matrice di cambiamento di base che porta le coordinate di un vettore rispetto a {ej} a quelle rispetto a {fi}. Si ricorda che la j-esima colonna di L è formata dalle componenti di ej rispetto alla base {fi}, cioè

ej=Ljifi.

Si fissino su V* le basi {εl} e {φk} duali di quelle prese in V. Sia P la matrice di cambiamento di base da {εl} a {φp}. In questo caso, perché gli indici dei covettori sono scritti in alto, la l-esima riga di P è data dalle componenti di εl rispetto a {φk}. Per definizione il prodotto PL ha in posizione lj il prodotto tra la l-esima riga di P e la j-esima colona di L. Come ricordato queste sono l'espressione in componenti di εl e di ej rispetto a due basi una duale all'altra, quindi farne il prodotto riga per colonna equivale a calcolare

εl(ej)=δjl

cioè, PL è la matrice identica, e P è l'inversa di L.

Trovare le leggi secondo cui variano le componenti di un tensore di tipo (m,n) è solo questione di estendere per bilinearità un'espressione. Infatti, partendo dalle basi {ej} e {εl} su V e V* rispettivamente, un tensore a si scrive in componenti

a=al1lmj1jnej1ejnεl1εlm

ma

ej=Ljifi,εl=Pklϕk

quindi sostituendo ed espandendo si arriva a

a=Lj1i1LjninPk1l1Pkmlmal1lmj1jnfi1finϕk1ϕkm

o più classicamente, scrivendo solo le componenti

ak1kmi1in=Lj1i1LjninPk1l1Pkmlmal1lmj1jn.

Esempi

Fibrato tensoriale e sezioni in coordinate locali

La definizione di fibrato tensoriale di tipo (m,n) su una varietà si trova negli esempi.

Si vedrà ora come la scelta di un sistema di coordinate locali per una varietà M di dimensione r determini una base per gli spazi tangenti ai, e quindi per le fibre nei, punti nel dominio delle coordinate locali.

Si fissi una carta (U,x:URn), cioè, si scelga un sistema di coordinate locali sull'aperto UM. Se p è un punto di U, di solito si indica con xi(p) la i-esima coordinata di p. Tra le quattro definizioni (equivalenti) di spazio tangente ad un punto che si trovano in letteratura prendiamo quella in cui i vettori tangenti sono derivazioni. Si dimostra (vedi, ad esempio, Warner paragrafi da 1.13 a 1.19) che i vettori

x1|p,,xr|p

formano una base di Mp. Gli indici posti, come in questo caso, all'apice di una quantità a denominatore sono da considerarsi come a pedice. La base duale in Mp* si indica con

dx1|p, ,dxr|p.

Ricapitolando, la scelta di un sistema di coordinate locali (U,x) identifica delle basi per gli spazi tangenti Mp ai punti p appartenenti ad U, e le corrispettive duali sugli Mp*. Una fibra π1(p), pU è, come segue direttamente dalla definizione, un prodotto tensoriale

MpMpMp*Mp*

che quindi ha come base tutti i tensori di tipo (m,n) della forma

xi1|pxim|pdxj1|pdxjn|p.

Un elemento a(p) di π1(p) si scrive in coordinate come

a(p)=aj1jmi1in(p)xi1|pxim|pdxj1|pdxjn|p.

Sfruttando queste "trivializzazioni" si può indurre una struttura di varietà differenziale su Tnm (vedi, ad esempio, Warner paragrafo 2.14).

Una funzione liscia a da M su TnmM tale che π(a(p))=p si dice sezione o campo tensoriale, ed equivale ad assegnare ad ogni punto p di M un elemento a(p) della fibra π1(p) in modo che le componenti di a(p) in un (e quindi per ogni) sistema di coordinate locali contenente p siano funzioni lisce di p. Spesso, nei libri di fisica, viene usata la parola "tensore" per indicare un campo tensoriale.

Simboli di Christoffel, notazione matriciale e curvatura

La definizione di connessione come una funzione

D:Γ(E)Γ(T*(M)E),

con Γ(E) l'insieme delle sezioni del fibrato EM, che soddisfa le due proprietà elencate sopra ha il vantaggio di avere una espressione estremamente elegante in coordinate, usando la notazione matriciale.

Sia (U,x=(x1,,xm)) una carta locale di M ed s1,,sn sezioni di E che formano una base in ogni punto di U. Si ha che dxj, con j=1,,m, sono una base di T*(U) quindi D(si) si scrive in coordinate come

D(si)p=k=1nj=1mΓijk(p)dxj|psk(p),

per ogni p appartenente ad U, che d'ora in poi si darà per sottinteso e quindi si smetterà di scriverlo, e dove le Γijk(p) sono funzioni lisce di p chiamate simboli di Christoffel. Per rendere elegante la notazione si definiscono la matrice ω:=(ωik)ik, con l'indice in alto che varia sulle colonne e l'indice in basso sulle righe (mentre di solito è il contrario), a coefficienti in T*(U)

ωik:=j=1mΓijkdxj,

ed il vettore colonna S:=(sk) a coefficienti nelle sezioni sopra ad U. Allora

D(si)=k=1nj=1mΓijkdxjsk=k=1nωiksk,

sono n equazioni che si sintetizzano per convenzione in

D(S)=ωS,

dove non è un prodotto tensoriale ma sta ad indicare che si deve usare la regola di moltiplicazione riga per colonna delle matrici, solo che al posto del classico prodotto tra scalari (che in questo contesto non ha palesemente senso perché i coefficienti delle matrici coinvolte non sono scalari, quindi non c'è pericolo di confusione) si usa il prodotto tensoriale; e l'operatore D va applicato ad ogni singola componente di S. La matrice ω è detta matrice di transizione.

Fissato p, le quantità ωik(p) non sono dei tensori perché dipendono dalla scelta delle s1,,sn. Questo significa che la geometria del fibrato vettoriale non è codificata nella matrice ω. Nonostante ciò, manipolando la formula del cambiamento di coordinate di ω, si vede facilmente che la matrice Ω:=dωωω, detta matrice di curvatura, si trasforma nel modo corretto, ed è proprio questa che contiene le informazioni geometriche. Nei prossimi due paragrafi saranno dati ulteriori dettagli.

Cambio di coordinate

Template:Vedi anche Sia T=(tl) un vettore colonna con componenti n sezioni di E che formano una base ad ogni punto di U. Se p appartiene ad U allora esistono m×m scalari alk(p) tali che

tl(p)=k=1malk(p)sk(p)

o, posto A(p):=(alk(p))lk (come prima, k varia sulle colonne mentre l sulle righe), in notazione matriciale T=AS. Le alk(p) sono delle funzioni di transizione per E, e per definizione di fibrato sono lisce in p. Per legare la matrice di trasferimento rispetto a S, ω, a quella rispetto a T, ω, si noti che (usando la seconda proprietà della connessione)

D(T)=D(AS)=dAS+AD(S)=(dA+Aω)S=(dAA1+AωA1)T

dove A1, in ogni p, è la matrice inversa di A(p) che ovviamente esiste perché A(p) manda una base in una base, e dA è la matrice che ha per componenti i differenziali delle componenti di A. Quindi il cambio di coordinate per ω è dato dalla formula

ω=dAA1+AωA1.

Il primo addendo di destra è proprio il motivo per cui le componenti di ω non sono tensori.

La matrice di curvatura

Per vedere che la matrice di curvatura Ω:=dωωω è invariante bastano due passaggi ulteriori. Si moltiplica a destra l'ultima equazione per A, poi si fa la derivata esterna ottenendo

dωAωdA=dAω+Adω,

dove ωdA è, come nel caso di tra due matrici, da considerarsi come una moltiplicazione riga per colonna con le componenti moltiplicate tramite il prodotto esterno . Ora si noti che

ω=dAA1+AωA1dA=ωAAω,

sostituendo nella precedente si conclude

(dωωω)=A(dωωω)A1.

cioè Ω è invariante.

Usando Ω si può definire il più classico tensore di Riemann R(,).

Definizione classica di tensore

La definizione universale del prodotto tensoriale è abbastanza recente. I tensori sono nati nel contesto della geometria differenziale e della rappresentazione dei gruppi come insiemi di numeri che al cambio di base si trasformano secondo la legge

ak1kmi1in=Lj1i1LjninPk1l1Pkmlmal1lmj1jn,P=L1.

Questa definizione è tutt'oggi la più usata nei corsi e nei testi di fisica introduttivi sulla relatività generale.

Prodotto tensoriale di moduli

Possiamo estendere la definizione di prodotto tensoriale anche ai moduli. Se R è un anello commutativo la costruzione per due R-moduli M, N è praticamente identica a quella per gli spazi vettoriali. Se invece R non è commutativo ma M (rispettivamente. N) è un (S,R)-bimodulo (rispettivamente (R,S)) allora si può aggiustare la costruzione ed il prodotto tensoriale risulta essere un S-modulo destro (rispettivamente sinistro). In generale quando R non è commutativo ed M, N sono due R-moduli possiamo pretendere solamente la struttura di gruppo abeliano su MRN.

Può accadere che ci siano dei collassamenti nel prodotto tensoriale fra moduli. Prendiamo ad esempio /m e /n come -moduli con m, n coprimi. Visto che possiamo scrivere l'unità come combinazione lineare di n ed m

1=λm+μn,

abbiamo

xy=(λm+μn)xy=λ(mx)y+μx(ny)=0,

e siccome /m/n è generato dagli elementi xy concludiamo che

/m/n=0.

Prodotto tensoriale di spazi di Hilbert

Il prodotto tensoriale di due spazi di Hilbert è un altro spazio di Hilbert, che è definito come descritto di seguito.

Definizione

Siano H1 e H2 due spazi di Hilbert con prodotti interni (,)1 e (,)2 rispettivamente. Si costruisca il prodotto tensoriale H1H2 di spazi vettoriali come spiegato sopra. Si può dotare questo prodotto tensore di spazi vettoriali di un prodotto interno definendo

(φ1φ2,ψ1ψ2):=(φ1,ψ1)1(φ2,ψ2)2

dove

φ1,ψ1H1

mentre

φ2,ψ2H2

ed estenderlo per linearità. Infine, si prenda il completamento rispetto a questo prodotto interno. Il risultato è il prodotto tensore di H1e H2 come spazi di Hilbert.

Proprietà

Se H1 e H2 hanno come base ortonormale {φk} e {ψl}, rispettivamente, allora {φkψl} è una base ortonormale per H1H2.

Esempi ed applicazioni

I seguenti esempi mostrano come i prodotti tensori emergano naturalmente.

Assegnati due spazi di misura X e Y, con misure μ e ν rispettivamente, si può studiare lo spazio Lp chiamato L2(X×Y), lo spazio delle funzioni su X×Y che sono a quadrato sommabili rispetto alla misura prodotto μ×ν. Se f e g sono funzioni a quadrato sommabili su X ed Y rispettivamente, si può definire una funzione h su X×Y ponendo h(x,y)=f(x)g(y). La definizione della misura prodotto assicura che tutte le funzioni con questa forma sono a quadrato sommabili, cosicché h definisce una mappa bilineare L2(X)×L2(Y)L2(X×Y).

Anche le combinazioni lineari di funzioni della forma f(x)g(y) appartengono a L2(X×Y). Risulta infatti che l'insieme delle combinazioni lineari è denso in L2(X×Y), se L2(X) e L2(Y) sono separabili. Questo mostra che L2(X)L2(Y) è isomorfo a L2(X×Y), e spiega perché si debba prendere il completamento nella costruzione del prodotto tensore fra spazi di Hilbert.

Analogamente, si può mostrare che L2(X,H), lo spazio delle funzioni a quadrato sommabili XH, è isomorfo a L2(X)H se lo spazio è separabile. L'isomorfismo manda f(x)φL2(X)H in f(x)φL2(X,H). Possiamo combinare ciò con il precedente esempio e concludere che L2(X)L2(Y) e L2(X×Y) sono entrambi isomorfi a L2(X,L2(Y)).

Il prodotto tensore di spazi di Hilbert ricorre nella meccanica quantistica. Se una particella è descritta dallo spazio di Hilbert H1, ed un'altra particella da H2, allora il sistema composto dalle due particelle è descritto dal prodotto di H1 e H2. Per esempio, lo spazio necessario a descrivere un oscillatore armonico quantistico è L2(R), e per descrivere due oscillattori armonici si userà L2(R)L2(R), che è isomorfo a L2(R2). Quindi il sistema a due particelle è associato ad una funzione d'onda della forma φ(x1,x2). Un esempio più generale è fornito dagli spazi di Fock, che descrivono un sistema con un numero variabile di particelle.

Prodotto tensore ed entanglement

Come detto sopra, uno degli assiomi della meccanica quantistica moderna è che se due sistemi sono descritti dagli spazi di Hilbert V e W allora il sistema complessivo è descritto dal prodotto tensore VW. Una conseguenza diretta di questo assioma è il fenomeno dell'entanglement : l'esistenza di stati del sistema complessivo che non sono direttamente interpretabili a partire dagli stati delle sue componenti V e W.

Per essere più precisi, supponiamo che i sistemi rappresentati da V e W siano qubit, e quindi che dimV=dimW=2 (ma la situazione si generalizza immediatamente a qualsiasi dimensione finita). Scegliamo una base in V ed una in W, indicandole con {|0,|1}, allora il generico vettore nel prodotto tensore si scrive come p=c1|00+c2|10+c3|01+c4|11 dove |ij:=|i|j per i,j=0,1.

Come si vede il generico vettore è allora sovrapposizione di vettori fattorizzabili, ossia corrispondenti ad un elemento in V×W. A prima vista, questo, potrebbe sembrare la manifestazione dell'entanglement, ma non è così: si tratta semplicemente della conseguenza dell'assioma della meccanica quantistica che impone di usare gli spazi di Hilbert per rappresentare gli stati di un sistema.

Il fenomeno dell'entanglement è qualcosa di diverso: per il generico vettore p non è detto che esista un vettore v in V ed uno w in W che fattorizzano p, ossia per i quali valga p=|v|w.

Bisogna fare attenzione al fatto che un vettore potrebbe non sembrare fattorizzato per una certa scelta di basi in V e W, ma esserlo per un'altra scelta di basi.

In genere, se nessuno dei due spazi ha dimensione 1, esistono vettori non fattorizzabili per alcuna base e questi vengono chiamati stati entangled.

Linguaggi di programmazione vettoriali

I linguaggi di programmazione possono avere questa applicazione predefinita. Ad esempio, in APL il prodotto tensore è espresso come .×:

A.×B oppure A.×B.×C.

In J il prodotto tensore è la forma diadica */; per esempio

a*/b oppure a*/b*/c.

Si noti che il trattamento con J permette la rappresentazione di alcuni campi tensoriali (così a e b possono essere funzioni invece che costanti—il risultato è allora una funzione derivata, e se a e b sono differenziabili allora anche a*/b è differenziabile).

Comunque questo tipo di notazione non è universalmente presente nei linguaggi per la manipolazione di vettori. Alcuni linguaggi richiedono l'esplicito trattamento degli indici (per esempio, MATLAB) e possono supportare o meno funzioni di ordine più elevato come lo jacobiano (per esempio, Fortran/APL).

Bibliografia

Per un punto di vista algebrico:

In relazione a geometria e topologia differenziali (alcuni di questi testi, più orientati alla geometria, presentano il prodotto tensoriale solo con le forme multilineari):

Per vedere il prodotto tensoriale usato in altri ambiti matematici:

Voci correlate

Altri progetti

Template:Interprogetto

Collegamenti esterni

Template:Algebra

Template:Portale