Teoria di Hamilton-Jacobi

Da testwiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

In meccanica analitica la teoria di Hamilton-Jacobi, il cui nome è dovuto a William Rowan Hamilton e Carl Jacobi, è una teoria che, sfruttando i risultati del calcolo variazionale, viene utilizzata nella determinazione delle costanti del moto di un sistema dinamico.

In particolare, tale teoria studia la risoluzione delle equazioni di Hamilton, ricercando un'opportuna funzione generatrice che determini una trasformazione canonica tale che, nelle nuove coordinate, l'Hamiltoniana del sistema sia nulla.

Equazione di Hamilton–Jacobi

L'equazione di Hamilton–Jacobi è un'equazione differenziale alle derivate parziali non lineare del primo ordine che ha la forma:[1]

+𝒮t=0

La funzione:

=(qi,𝒮qi,t)i=1,,n

è l'Hamiltoniana classica del sistema, mentre:

𝒮=𝒮(qi,t)i=1,,n

è detta funzione principale di Hamilton, che a meno di una costante arbitraria, è equivalente all'azione. Le funzioni 𝐪=(qi)i=1,,n sono le coordinate generalizzate che definiscono lo spazio delle configurazioni del sistema, mentre t è il parametro temporale.

Tale equazione si ricava dalla meccanica hamiltoniana trattando 𝒮 come la funzione generatrice di una trasformazione canonica dell'hamiltoniana classica:

=(qi,pi,t)i=1,,n.

I momenti lineari coniugati sono definiti come:

pi=𝒮qi𝐩=𝐪˙

dove 𝐩=(pi)i=1,,n.

La funzione principale di Hamilton contiene 2N+1 costanti da determinare, di cui una ottenuta integrando 𝒮/t e le restanti N denotate con α1,,αn, pertanto si ha che le quantità:

βk=𝒮αkk=1,2n

sono costanti del moto.[2]

Derivazione

Template:Vedi anche Una trasformazione canonica definita attraverso una funzione generatrice G(𝐪,𝐏,t) conduce alle seguenti relazioni:

𝐩=G𝐪𝐐=G𝐏K(𝐐,𝐏,t)=(𝐪,𝐩,t)+Gt

Le equazioni di Hamilton espresse per mezzo delle variabili canoniche 𝐏 e 𝐐 hanno la forma:

d𝐏dt=K𝐐d𝐐dt=+K𝐏

Le equazioni Hamilton–Jacobi si ottengono scegliendo una funzione generatrice G2(𝐪,𝐏,t) che annulla la funzione K. Di conseguenza, le derivate devono essere nulle e le equazioni di Hamilton hanno la forma:

d𝐏dt=d𝐐dt=0

Le coordinate generalizzate introdotte ed i rispettivi momenti sono costanti del moto. Imponendo che la funzione generatrice sia la funzione principale di Hamilton sommata ad una costante arbitraria:

G(𝐪,α,t)=𝒮(𝐪,t)+A

si giunge alle equazioni Hamilton–Jacobi, in quanto:

𝐩=G𝐪=𝒮𝐪

da cui:

(𝐪,𝐩,t)+Gt=0

e dunque:

(𝐪,𝒮𝐪,t)+𝒮t=0

In modo equivalente, la funzione principale di Hamilton è definita nel seguente modo:

𝒮((q,t)|t1,t2)=t1t2(i=1npi(τ)dqi(τ)dτ(q(τ),p(τ),τ)) dτ

La soluzione di tale integrale è possibile conoscendo l'equazione del moto del sistema. Se si vuole calcolare l'integrale considerando uno spostamento virtuale delle coordinate δq per una variazione virtuale del tempo δt, questo corrisponde ad una variazione:

δ𝒮((q,t)|t1,t2)=i=1npi(t2)δqi(t2)(q(t2),p(t2),t2) δt2i=1npi(t1)δqi(t1)+(q(t1),p(t1),t1) δt1=0

In accordo con il principio variazionale di Hamilton, tale variazione deve essere nulla affinché l'azione sia stazionaria. Sapendo che 𝒮 è una funzione di (qi(t1),t1),(qi(t2),t2), e che quindi la sua variazione è anche pari a:

δ𝒮=i=1n𝒮qi(t2)δqi(t2)+𝒮t2δt2+i=1n𝒮qi(t1)δqi(t1)+𝒮t1δt1=0

Si possono uguagliare termine a termine le due espressioni tra due istanti di tempo t,t0, ottenendo le equazioni di Hamilton-Jacobi:

𝒮qi=pi𝒮qi(t0)=pi(t0)
𝒮t=(qi(t),pi(t),t)𝒮t0=(qi(t0),pi(t0),t0)

Funzione principale di Hamilton

Template:Vedi anche L'1-forma differenziale associata ad S è:

d𝒮=i𝒮qidqi+𝒮tdt

e dunque la derivata totale è data da:

d𝒮dt=i𝒮qiq˙i+𝒮t=ipiq˙i=

Si ha quindi:

𝒮=dt

Si ottiene che S è l'azione classica più una costante da determinare. Se non dipende esplicitamente dal tempo si ha:

𝒫=𝒮+t=(+)dt=𝐩d𝐪

ed in tal caso 𝒫 è equivalente all'azione ridotta.

Funzione caratteristica di Hamilton

Se l'Hamiltoniana non dipende esplicitamente dal tempo si può dividere l'equazione di Hamilton-Jacobi in due parti:

(qi,𝒮qi)+𝒮t=0

Nella prima parte si ha la sola dipendenza dalla variabile qi, mentre nella seconda vi è solo dipendenza dal tempo. La soluzione allora ha la forma:

𝒮(qi,Sqi,t)=W(qi,𝒮qi)𝒮q1t

dove:

pi=𝒮qi=ci

con ci costante. La funzione W(qi,ci,t) è chiamata funzione caratteristica di Hamilton.

La derivata parziale:

𝒮q1=c1=

è pari all'Hamiltoniana . In tal caso le equazioni del moto diventano:

Q˙i=KPi=ciP˙i=KQi=0

le cui soluzioni non sono costanti:

Qi=cit+diPi=ei

con di,ei condizioni iniziali.

Variabili azione-angolo e moti periodici

In un sistema meccanico si può verificare la presenza di moti periodici per le coordinate prese individualmente. Una condizione restrittiva (ma piuttosto comoda) per cui ciò avvenga è che durante il moto le coordinate non si "disturbino" a vicenda, per cui si suppone che le equazioni di Hamilton non risultino accoppiate, e la Hamiltoniana si possa esprimere come una somma di termini funzioni di una sola coppia di coordinate e momenti:

(𝐪,𝐩)=ii(qi,pi)

che in questo caso si può esprimere con la funzione caratteristica di Hamilton, che a sua volta deve essere separabile in una somma analoga:

W(𝐪,𝐪S)=iWi(qi,Sqi)

dunque risulta:

(𝐪,𝐪S)=ii(qi,Sqi)=c1

Di conseguenza il problema si riduce allo studio delle singole coordinate. Se esse presentano moti periodici di rotazione o librazione (nel primo caso si ha pi(qi) periodica, mentre nel secondo si ha che in un certo intervallo di tempo la curva (qi(t),pi(t)) deve essere chiusa) si possono definire le variabili d'azione:

Ji=12πγipidqi

l'indipendenza delle quali è di verifica immediata. Queste nuove variabili sono costanti, e si possono assumere come nuovi momenti, per cui dalla funzione caratteristica si possono ricavare le nuove coordinate, dette variabili angolo:

𝐰=𝐉W

e dalle equazioni di Hamilton:

𝐰˙=𝐉

Si nota che queste equazioni ammettono un'integrazione immediata. Essendo le coordinate cicliche il secondo membro sarà una certa funzione (costante) delle Ji, per cui:

wi=ωi(Ji)t+βi

Dalla definizione delle variabili angolo si può andare a considerare la variazione della variabile quando ogni coordinata qi descrive un periodo completo:

ΔTwi(t)=jγiwiqjdqj

è chiaro che dall'indipendenza delle variabili postulata in precedenza i termini ji sono nulli, per cui rimane un integrale solo, e dalla definizione delle variabili angolo risulta immediatamente che:

ΔTwi(t)=γiwiqidqi=Jipidqi=2π

vale la relazione (la prima uguaglianza non è ovvia):

ΔTwi(t)=wi(t+Ti)wi(t)=ωi(Ji)Ti=2π

e le ωi non rappresentano altro che le pulsazioni dei moti periodici, poiché:

ωi=2πTi

In realtà il discorso può essere generalizzato ed esteso a condizioni meno restrittive, definendo in modo "meno generoso" le variabili azione (che coinciderebbe con quanto discusso nel momento in cui si è nel caso separabile), e con questi elementi si arriverebbe a parlare di tori invarianti, che sono fra i vari protagonisti della teoria di Kolmogorov-Arnold-Moser.

Note

  1. Analytical Mechanics, L.N. Hand, J.D. Finch, Cambridge University Press, 2008, ISBN 978-0-521-57572-0
  2. Herbert Goldstein, Classical Mechanics, 2nd ed. (Reading, Mass.: Addison-Wesley, 1981), p. 440.

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

Template:Portale