Teorema di Carathéodory (teoria della misura)

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In teoria della misura, il teorema di Carathéodory permette di ricavare uno spazio di misura quando si ha a disposizione una misura esterna.

Ad esempio, la misura di Lebesgue in n si ottiene dalla misura esterna λ* che associa ad un sottoinsieme An l'estremo inferiore fra i volumi dei pluri-parallelepipedi[1] che ricoprono A. Il teorema di Carathéodory fornisce una σ-algebra di sottoinsiemi di n su cui la restrizione di λ* è una misura completa. La dimostrazione che questa è boreliana e che coincide col volume sui parallelepipedi è un caso particolare del teorema di Hahn-Kolmogorov[2].

Enunciato

Sia X un insieme e μ*:𝒫(X)[0,+] (dove 𝒫(X) è l'insieme delle parti di X) una funzione tale che μ*()=0. L'insieme

:={A𝒫(X):EXμ*(E)=μ*(EA)+μ*(EAc)}

è un'algebra e μ, la restrizione di μ* a , è additiva.

Inoltre, se μ* è una misura esterna, cioè gode anche della monotonia e della subadditività numerabile, allora è una σ-algebra e μ è una misura completa.

Si sottolinea che il teorema vale indipendentemente da come viene costruita nella pratica μ*.

Dimostrazione

La dimostrazione usa tecniche di routine in teoria della misura e si compone di cinque parti. Nelle prime due si dimostra che è un'algebra e che μ è additiva. Nella terza e nella quarta, sotto l'ipotesi aggiuntiva che μ* sia una misura esterna, si vede che in effetti vale di più, cioè che è chiusa rispetto alle unioni numerabili e che μ è σ-additiva, cioè è una σ-algebra e μ una misura. Infine si controlla che μ sia completa.

L'insieme è un'algebra

Per alleggerire la scrittura diremo che AX spezza EX se vale il criterio di Carathéodory

μ*(E)=μ*(EA)+μ*(EAc)

quindi A se e solo spezza tutti i sottoinsiemi di X.

L'insieme contiene l'insieme vuoto

L'insieme vuoto spezza tutti i sottoinsiemi perché μ*()=0 per ipotesi e

μ*(E)+μ*(EX)=μ*()+μ*(E)=μ*(E)

qualsiasi sia EX.

L'insieme è chiuso rispetto al complementare

La proprietà di spezzare un sottoinsieme è simmetrica rispetto al complementare, cioè se A spezza E allora banalmente anche Ac spezza E, quindi è chiusa rispetto al complementare.

L'insieme è chiuso rispetto alle unioni finite

Siano

A,B

ed

EX

. Si parte spezzando

E

con

A
μ*(E)=μ*(EA)+μ*(EAc)

e poi con B l'insieme relativo al secondo termine

μ*(E)=μ*(EA)+μ*(EAcB)+μ*(EAcBc)

ora si noti che EA=E(AB)A e che EAcB=E(AB)Ac (per la proprietà distributiva dell'intersezione rispetto all'unione), quindi spezzando con A l'insieme E(AB) si ha proprio

μ*(E(AB))=μ*(EA)+μ*(EAcB),

cioè (per le leggi di De Morgan)

μ*(E)=μ*(E(AB))+μ*(EAcBc)=μ*(E(AB))+μ*(E(AB)c).

In altre parole AB spezza tutti i sottoinsiemi di X e quindi sta in .

La restrizione della misura all'algebra è additiva

La verifica è facile. Siano A,B disgiunti, quindi BAc, basta spezzare AB con A per avere

μ*(AB)=μ*((AB)A)+μ*((AB)Ac)=μ*(A)+μ*(B).

Da qui in poi si assume che μ* sia una misura esterna.

L'algebra è una σ-algebra

Si ricorda che una σ-algebra è un'algebra chiusa rispetto alle unioni numerabili.

Sia {Cn}n una famiglia numerabile di elementi di ed EX qualsiasi. Per ogni valore di n sia

An:=CnC1Cn1.

Si ottiene così una famiglia {An} di insiemi tra loro disgiunti. Siano inoltre

Bn:=k=1nAk e B:=n=1+An.

Si vuole dimostrare che B spezza E. L'idea è sfruttare che è un'algebra, e quindi contiene Bn, per spezzare E, e poi portare al limite.

Spezzando E con Bn si ottiene

μ*(E)=μ*(EBn)+μ*(EBnc)

si noti che BnB passando ai complementari diventa BcBnc, quindi per la monotonia di μ*

μ*(E)μ*(EBn)+μ*(EBc).

Adesso si lavora su μ*(EBn) per trovare una formula che permetta di passare agevolmente al limite per n+. Spezzando EBn con An si trova

μ*(EBn)=μ*(EAn)+μ*(EBn1)

e procedendo per induzione

μ*(EBn)=k=1nμ*(EAk).

Quindi

μ*(E)k=1nμ*(EAn)+μ*(EBc)

e passando al limite per n+ si ha

μ*(E)k=1+μ*(EAk)+μ*(EBc).

Usando la subadditività numerabile di μ* si conclude che

n=1+μ*(EAk)μ*(k=1+(EAk))=μ*(EB)

e quindi che

μ*(E)μ*(EB)+μ*(EBc)μ*((EB)(EBc))=μ*(E)

cioè

μ*(E)=μ*(EB)+μ*(EBc).

La restrizione della misura è una misura

Si ricorda che una misura su una σ-algebra è un funzione a valori reali positivi σ-additiva che assegna 0 all'insieme vuoto. Anche la verifica della σ-additività di μ* ristretta a , come la verifica dell'additività, è facile.

Sia {An}n una famiglia numerabile di elementi di a due a due disgiunti. Sia

B=n=1+An.

Dall'additività e dalla monotonia di μ* segue

μ*(A1)+μ*(A2)++μ*(An)=μ*(A1A2An)μ*(B),

questo vale per tutti gli n, quindi passando al limite per n+

n=1+μ*(An)μ*(B).

La subadditività numerabile di μ* è esattamente l'altra disuguaglianza che permette di concludere che

μ*(B)=n=1+μ*(An).

La misura ristretta è completa

Si ricorda che completa significa che se Z, AZ e μ(Z)=0, allora anche A (e avrà anch'esso misura nulla, ma questo è ovvio perché segue direttamente dalla monotonia).

Dimostriamo prima che se AX e μ*(A)=0 allora A.

Sia EX. Si ha

μ*(E)=μ*((EA)(EAc))μ*(EA)+μ*(EAc)μ*(A)+μ*(E)=μ*(E).

Ora se AZ con Z e μ*(Z)=0, per monotonia anche μ*(A)=0 e per quanto appena detto A.

Estensione di premisure su algebre

Si ricorda che se μ0:𝒜[0,+], con 𝒜𝒫(X) e ,X𝒜, è una funzione tale che μ0()=0, la misura esterna generata da μ0 col Metodo I è la funzione μ*:𝒫(X)[0,+] definita da

μ*(E):=inf{k=1+μ0(Ak):{Ak}k𝒜,Ek=1+Ak}

si può verificare[3] che questa è una misura esterna.

Si ricorda inoltre che se 𝒜 è un'algebra, μ0:𝒜[0,+] è detta premisura (o semplicemente misura, basta non confondersi) se per ogni famiglia numerabile {Ak}k𝒜,i,jijAkAj=, la cui unione sta a sua volta in 𝒜 vale la σ-additività:

μ0(k=1+Ak)=k=1+μ0(Ak).

Nel caso in cui μ* è la misura esterna generata col Metodo I da una premisura μ0 definita su un'algebra 𝒜, lo spazio di misura (X,,μ) fornito dal teorema di Carathéodory gode di alcune importanti proprietà:

  • tutti gli elementi di 𝒜 sono misurabili, cioè 𝒜, e quindi anche la σ-algebra generata da 𝒜 è contenuta in ;
  • la misura μ ristretta ad 𝒜 è uguale a μ0;
  • se X può essere ricoperto con una famiglia numerabile di sottoinsiemi di misura finita che stanno in 𝒜 allora μ, opportunamente ristretta, è l'unica misura sulla σ-algebra generata da 𝒜 che estende μ0.

Talvolta in letteratura queste tre affermazioni vanno sotto il nome di teorema di Hahn-Kolmogorov[4] (per la dimostrazione si veda la voce).

Note

  1. unioni finite di parallelepipedi con i lati paralleli agli assi coordinati
  2. questo non è propriamente vero, nel senso che prima di poter usare il teorema bisogna dimostrare che l'insieme di tutti i pluri-parallelepipedi costituisce un'algebra e che il volume è una premisura su di essa. Resta comunque il fatto che viene risparmiato il grosso del lavoro, cioè l'estensione alla σ-algebra generata.
  3. Folland, Proposizione 1.10 p. 29
  4. o teorema di Hahn, o teorema di Kolmogorov, o spesso non viene neanche assegnato un nome, dipende dalle simpatie dell'autore. Ad esempio in Lang, Teorema 7.1 p. 153 viene chiamato teorema di Hahn.

Bibliografia

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