Teorema di Sharkovsky

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In matematica e fisica, il teorema di Sharkovsky è un risultato di estrema importanza nello studio delle orbite periodiche di un sistema dinamico discreto. Il teorema afferma che se si ha un sistema dinamico in cui la funzione di iterazione f è una funzione continua avente dominio e immagine in un intervallo reale I, allora se il sistema ammette un'orbita di periodo s esso ammette anche orbite di periodo k se k precede s in un particolare ordinamento detto ordinamento di Sharkovsky.

Ordinamento di Sharkovsky

Dato un intervallo I, sia f:II una funzione continua. Il numero x è un punto periodico di periodo m se fm(x)=x, dove fm è la composizione di m copie di f. Si tratta di un punto periodico avente periodo primitivo m se, inoltre, fk(x)x per tutti gli 0<k<m.

Per conoscere i possibili periodi dei punti periodici di f, si consideri il seguente ordinamento di numeri naturali, detto ordinamento di Sharkovsky:

357911(2n+1)2032527292112(2n+1)213225227229221122(2n+1)223235237239231123(2n+1)232n24232221

dove ogni numero naturale compare una e una sola volta all'interno dell'ordinamento di Sharkovsky, dunque è un ordinamento totale sui numeri naturali.

Il teorema di Sharkovsky stabilisce che se f ha punto periodico di periodo primitivo m e m precede n nell'ordinamento di Sharkovsky, allora f possiede anche un punto periodico con periodo primitivo n.

In particolare, se non esiste un'orbita 8-periodica allora non può esistere nessuna orbita all'infuori di quella 2-periodica e di quella 4-periodica. E se non esistono orbite 2-periodiche, non vi saranno orbite di alcun periodo. L'esistenza di un'orbita di periodo 3 garantisce invece la presenza di orbite di ogni periodo. Il comportamento di un sistema dinamico in cui sia presente l'orbita 3-periodica è dunque particolarmente studiato.

Dimostrazione

Si consideri un caso particolare in cui esiste l'orbita 3-periodica; si vuole dimostrare che esistono orbite di ogni periodo. Siano dunque a, b e c i tre punti dell'orbita e si supponga che f(a)=b, f(b)=c e f(c)=a. Si utilizzano due lemmi di carattere generale sulle funzioni continue:

  • Teorema del punto fisso di Brouwer: sia f una funzione continua. Se esiste un intervallo I tale che f(I) contenga I, allora esiste almeno un punto fisso in I, cioè esiste almeno un p appartenente a I tale che f(p)=p.
  • Sia f una funzione continua. Se esistono due intervalli U e V tali che f(U) contenga V, allora esiste un intervallo U0 contenuto in U tale che f(U0)=V.

Per dimostrare l'esistenza di un'orbita 1-periodica, cioè un punto fisso, sia I0 l'intervallo [a,b] e I1 l'intervallo [b,c]. Poiché f(b)=c e f(c)=a, per il teorema dei valori intermedi f(I1) contiene [a,c] e dunque contiene I1. Ma allora per il primo lemma esiste sicuramente un punto fisso per f all'interno di I1.

Sia dunque n>1 e n3. Si vuole dimostrare l'esistenza di un'orbita di minimo periodo n. Per fare questo si costruisce una famiglia di intervalli Jn tale che:

  1. I1=J0J1J2Jn
  2. f(Jk)=Jk1k=1,,n2
  3. fk(Jk)=I1
  4. fn1(Jn1)=I0
  5. fn(Jn)=I1

Prima di dimostrare che gli intervalli Jn esistono, si nota come essi possono aiutare a dimostrare l'esistenza dell'orbita n-periodica: la (5) implica che f(Jn) contiene Jn e dunque, per il primo lemma, esiste un punto fisso p per l'iterata n-esima che per costruzione sta in I1. Questo però non è detto che appartenga ad un'orbita di minimo periodo n (a meno che n non sia primo), poiché se n è pari, ogni punto di un'orbita 2-periodica, appartiene anche all'orbita n-periodica.

Si nota che p non può coincidere con c; infatti se così fosse, poiché f(p)=f(c)=a e dato che l'unica iterata che consente di uscire dall'intervallo I1 è la (n-1)-esima, si avrebbe che n=2, contraddicendo l'ipotesi che c faccia parte dell'orbita 3-periodica. Ma p non può nemmeno essere uguale a b, poiché f2(p)=f2(b)=a implicherebbe, per lo stesso motivo di prima, n=3, ma per ipotesi abbiamo deciso di considerare n diverso da 3. Dunque p appartiene all'intervallo aperto (b,c). Ma poiché fn1(p) appartiene a I0, si ha che p è diverso da fn1(p), poiché appartengono a due intervalli disgiunti. Ne segue che p non può appartenere ad un'orbita (n-1)-periodica. Se poi il periodo fosse strettamente minore di n-1, la (3) implicherebbe che l'orbita deve rimanere sempre all'interno di I1, ma la (4) mostra che questo è impossibile. Dunque il minimo periodo dell'orbita cui p appartiene è n.

Rimane da dimostrare l'esistenza degli intervalli Jk. Per costruirli si pone J0=I1; perciò f(J0) contiene I che contiene J0 e per il secondo lemma esiste dunque un intervallo J1 contenuto in J0 tale che f(J1)=J0. Ma il fatto che f(J1)=J0 e che J0 contiene J1 implicano l'esistenza di un intervallo J2 contenuto in J1 tale che f(J2)=J1, e così via fino a Jn1. In questo modo la (1) e la (2) sono verificate. Per la (3) si osserva che:

fk(Jk)=fk1(f(Jk))=fk1(Jk1)

e a cascata si giunge a fk(Jk)=J0=I1. Per la (4) si osserva che:

fn1(Jn2)=f(fn2(Jn2))=f(I1)=I

che contiene I0; dunque, per il secondo lemma, esiste un intervallo Jn1 contenuto in Jn2 tale che:

fn1(Jn1)=I0

Similmente per la (5), poiché:

fnJn1=f(fn1(Jn1))=f(I0)

che contiene I1, si deduce, sempre grazie al secondo lemma, che esiste un intervallo Jn tale che fn(Jn)=I1.

Bibliografia

  • Template:Cita libro
  • Template:En Borwein, J. and Bailey, D. Mathematics by Experiment: Plausible Reasoning in the 21st Century. Wellesley, MA: A K Peters, 2003.
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Voci correlate

Collegamenti esterni

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