Teorema dell'energia cinetica

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In fisica, il teorema dell'energia cinetica (o teorema lavoro-energia, o teorema delle forze vive) afferma che se un punto materiale possiede un'energia cinetica iniziale e una forza agisce su di esso effettuando un lavoro, l'energia cinetica finale del punto è uguale alla somma dell'energia cinetica iniziale e del lavoro compiuto dalla forza lungo la traiettoria del moto.

Ki+L=KfL=KfKi=ΔK

È importante sottolineare che il teorema vale anche per forze variabili con il tempo o con la posizione, per sistemi a massa costante.[1]

Origine del nome

Anticamente si definiva "vis viva", cioè "forza viva", il prodotto della massa per il quadrato della velocità.[2]

Ad introdurre per primo questa denominazione fu Leibniz (1646 - 1716), celebre matematico e scienziato tedesco, che nel suo "Specimen Dynamicum" contrappone due tipi di forze. Una di queste è la "vis mortua", ossia quella forza che un corpo possiede per mettersi in movimento mentre è a riposo e che concettualmente corrisponde all'energia potenziale di un corpo. L'altra forza ad essa contrapposta è proprio la "vis viva", più significativa dal punto di vista della dinamica, che è determinata dalla capacità di un corpo di provocare effetti sul sistema a seguito del suo movimento. Questa forza, secondo Leibniz, si conserva sia nel caso particolare di urto tra due corpi,[3] che nel sistema globale in generale.[4]

Da qui deriva perciò la denominazione di "teorema delle forze vive", usata su alcuni vecchi testi di fisica al posto della più recente denominazione di "teorema dell'energia cinetica".

Dimostrazione del teorema

Il teorema è fondamentalmente una conseguenza del secondo principio della dinamica.[1] Sia 𝐅 la forza risultante agente su un punto materiale di massa m. In base al secondo principio della dinamica la forza è proporzionale al tasso di variazione della quantità di moto 𝐪 nel tempo:

𝐅=d𝐪dt

Consideriamo ora il lavoro infinitesimo sotto questo aspetto. Si ha:

dL=𝐅d𝐱=d𝐪dtd𝐱=d𝐱dtd𝐪=𝐯d(m𝐯)

Nel caso in cui la massa del sistema sia costante nel tempo:[5]

dmdt=0dL=m𝐯d𝐯=d(m𝐯22)=dK

ovvero la variazione infinitesima di energia cinetica (definita come K) dopo un istante di tempo è uguale al lavoro elementare della forza risultante.

Altra dimostrazione

Una dimostrazione alternativa del teorema tiene conto della conseguenza del secondo principio della dinamica, secondo cui in un sistema con massa inerziale costante nel tempo, la forza 𝐅 impressa su un corpo di massa m è direttamente proporzionale all'accelerazione 𝐚 del corpo con costante di proporzionalità uguale a m.

𝐅=m𝐚

In questo modo si ha:

dL=m𝐚d𝐫

dove 𝐫 corrisponde allo spostamento. Considerando il prodotto scalare 𝐚d𝐫 in termini di componenti, si ottiene:

m(𝐚d𝐫)=m(axdx+aydy+azdz)

Focalizzandosi inizialmente solo sul primo termine axdx, tenendo presente che ax=dvxdt e vx=dxdt si ha:

maxdx=mdvxdtvxdt=mvx(dvxdt)dt

Il secondo membro della precedente uguaglianza può essere riscritto come il prodotto tra la derivata di 12vx2 rispetto al tempo e la massa m:

mddt(12vx2)dt=m122vx(dvxdt)dt=mvx(dvxdt)dt

Perciò:

maxdx=mvx(dvxdt)dt=m12ddt(vx2)dt

Tornando alla formula iniziale dell'infinitesimo di lavoro e riscrivendo i termini in y e z in modo analogo ai termini in x

m𝐚d𝐫=maxdx+maydy+mazdz=12m(ddt(vx2)+ddt(vy2)+ddt(vz2))dt=12mddt(vx2+vy2+vz2)dt=12mddt(𝐯2)dt

in quanto 𝐯2=vx2+vy2+vz2. Quindi, anche in questo caso, con m costante nel tempo, si ha:[6]

dL=m𝐚d𝐫=d(m𝐯22)=dK

Considerando intervalli di tempo finiti, ciò significa che il lavoro compiuto dalla forza 𝐅 quando il corpo si sposta da uno stato iniziale ad uno stato finale, è uguale alla variazione dell'energia cinetica del corpo.

L=ΔK=m2(vf2vi2)

Osservazioni

  • Se su un punto materiale agiscono diverse forze, in modo che la risultante sia fris=i=1nfi, allora il lavoro di essa è pari alla somma dei lavori effettuati dalle singole forze. Si ha quindi Li=titffidr;
  • Nel caso in cui lo spostamento del corpo sia, istante per istante, ortogonale alla forza fi, il lavoro corrispondente Liè nullo: informazione che, nelle applicazioni del teorema, troverà ampio utilizzo;
  • Se lo spostamento del corpo ha una componente parallela e concorde con la forza risultante, si può notare che frisdr>0, e che quindi l'energia cinetica è in aumento ; viceversa, se la componente parallela è opposta alla forza risultante, l'energia cinetica diminuisce. Ad esempio, le forze di attrito dinamico e di resistenza del mezzo sono sempre dirette in verso contrario alla velocità, e comportano, di conseguenza, una diminuzione dell'energia cinetica del corpo che subisce la loro azione.[7]

Versione differenziale del teorema

Il teorema viene spesso enunciato in forma integrale:

ΔK=L

Tuttavia può essere sfruttata l'equivalente forma, detta differenziale, che prende in considerazione la derivata rispetto al tempo dei termini precedenti:

dKdt=dLdtK˙=Π

Dove Π rappresenta la potenza delle forze agenti sul sistema e K˙ la derivata prima dell'energia cinetica rispetto al tempo.

Tale forma viene estensivamente utilizzata in meccanica razionale e nell'ingegneria per ricavare l'equazione di moto di un sistema ad un singolo grado di libertà, in presenza di vincoli fissi.

Applicazioni del teorema

Moto unidimensionale con forze dipendenti dalla posizione

Si consideri un punto materiale che si muove lungo una traiettoria rettilinea (a cui facciamo corrispondere l'asse x), sottoposto a forze che dipendono solo dalla sua posizione. Supponiamo che il moto che stiamo considerando si svolga nell'intervallo di tempo [ti,tf], e che sia descritto dalla legge oraria x(t). Con queste condizioni, vediamo che tutte le forze applicate al corpo sono anch'esse dirette lungo l'asse x, e il lavoro si esprime come

L=titffris(x(t))dx(t)dtdt

Poiché dx(t)dtdt=dx, possiamo cambiare variabile d'integrazione da t a x, ottenendo

L=xixffrisdx

Quindi il lavoro compiuto dalle forze applicate dipende soltanto dalle posizioni iniziale e finale del corpo durante l'intervallo di tempo considerato. Supponendo che -U(x) sia una primitiva di fris(x):

dU(x)dx=fris(x)

Allora

L=xixffris(x)dx=U(xi)U(xf)

dove xi,f=x(ti,f).

Il teorema dell'energia cinetica impone, dunque, che

KfKi=U(xi)U(xf)

Ovvero

Kf+U(xf)=Ki+U(xi)

Poiché tf e ti sono arbitrari, otteniamo che

K(t)+U(x(t))=E=costante

Abbiamo evidenziato una quantità che si mantiene costante durante il moto del corpo. Questa quantità si chiama energia meccanica, ed è costituita dalla somma dell'energia cinetica K e di U(x), che è chiamata energia potenziale.[8]

Caso di corpo in caduta libera

Se si lascia cadere un oggetto verso il basso, l'unica forza agente su di esso è la sua forza peso 𝐏=m𝐠, la quale ha stessa direzione e stesso verso della traiettoria dell'oggetto, pertanto il lavoro prodotto è positivo. Secondo il teorema delle forze vive anche l'energia cinetica dovrebbe aumentare, infatti questo si verifica poiché la velocità aumenta. Se, invece, l'oggetto viene lanciato verticalmente verso l'alto avviene il contrario: il lavoro diventa negativo, in quanto la forza peso ha stessa direzione ma verso opposto rispetto allo spostamento, e la velocità diminuisce durante il moto. Anche in questo caso, quindi, si conferma il teorema.[9]

Lavoro delle forze vincolari

Se un corpo puntiforme è sottoposto a dei vincoli lisci e indipendenti dal tempo, generalmente le forze vicolari sono perpendicolari agli spostamenti infinitesimi. Per esempio, se un corpo scivola su un piano inclinato, la forza vincolare esercitata dal piano è perpendicolare alla traiettoria; allo stesso modo la tensione del filo inestensibile di un pendolo è perpendicolare alla traiettoria del pendolo stesso. Per questo motivo, in generale, il lavoro delle forze vincolari è nullo.

Corpo in moto circolare uniforme

Nel moto circolare uniforme la velocità tangenziale del corpo che si muove è costante in modulo perciò, essendo anche la massa costante, la sua energia cinetica non varia. Per questo motivo, conseguentemente al teorema dell'energia cinetica, la forza centripeta agente sul corpo non compie lavoro. Questo lo si appura dal fatto che la forza e la direzione dello spostamento sono perpendicolari tra loro, perciò generano lavoro nullo.[9]

Note

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  3. Si considera anche il caso di urto anelastico. Infatti Leibniz ritiene che ogni corpo sia costituito da infinite piccole parti, perciò nel momento in cui questo urta contro altri corpi la vis viva che lo costituisce si trasferisce a sua volta in ogni parte del corpo, tanto che la forza vivente finale della componente maggiore è minore rispetto a quella del corpo prima dell'urto.
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Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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en:Work_(physics)#Work–energy_principle de:Kinetik_(Mechanik)#Arbeitssatz