Notazione di Leibniz

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La notazione di Leibniz per la derivata totale è dydx o anche df(x)dx

Storia

Questa è la più antica notazione di derivata tuttora in uso e fu introdotta da Leibniz tra il 1675 e il 1676; dy e dx sono i simboli usati da Leibniz per gli infinitesimi che egli aveva posto alla base del calcolo che fu per questo detto infinitesimale. In un primo tempo aveva indicato l'infinitesimo con xd ma poi optò per dx (leggi de-ics).

Nel XIX secolo gli infinitesimi furono banditi dall'analisi matematica, in seguito alla riformulazione di Augustin Cauchy e Karl Weierstrass basata sul concetto di limite; la notazione di Leibniz avrebbe dovuto di conseguenza essere abbandonata, e in effetti oggi è molto diffusa la meno ingombrante notazione di Lagrange; nonostante questo i simboli dy, dx e consimili sono rimasti in uso con il nuovo nome di differenziali sia in matematica sia in fisica.

Con la rifondazione dell'analisi operata da Abraham Robinson, tra il 1960 e il 1966, con il nome di analisi non standard, basata appunto sul ritorno degli infinitesimi, ci si poteva aspettare un rilancio della notazione di Leibniz, ma così non è stato; nei testi di analisi non standard vengono usati di preferenza simboli nuovi (p.es. ε e η per gli infinitesimi) o ancora quello di Lagrange.

La simbologia di Leibniz, inoltre, è la più utilizzata quando si deve rappresentare la derivata parziale. Tale notazione prevede che si sostituisca [1] alla classica d, in questo modo:

f(x,y)x.

Notazione per le derivate successive

d2ydx2, d3ydx3, ... dnydxn.

Per le derivate successive la notazione di Leibniz prevede l'uso di un esponente per la d al numeratore e per la x al denominatore.

Note

  1. Il simbolo corrisponde alla "D" minuscola dell'alfabeto cirillico con grafia corsiva e si legge "de" (si veda Д).

Bibliografia

Voci correlate

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