Shock

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Lo shock (dall'inglese, pron. Template:IPA[1]), o anche choc o schock (a seconda dell'originale grafia francese o tedesca[2]), è una sindrome causata da una ridotta perfusione a livello sistemico, con conseguente sbilanciamento fra la disponibilità di ossigeno e la sua domanda metabolica a livello tissutale (condizione detta disossia).

Se non trattato, ha evoluzione rapida e ingravescente fino al decesso del paziente.

Ortografia ed etimologia del termine

La parola deriverebbe dal verbo francese choquer, con il significato originario di "cozzare, urtare". Tuttavia attualmente si ha un maggiore uso della forma inglese shock. In particolare, la comparsa della parola nelle due forme è 1892 per choc ed 1899 per shock.[3]

Storia

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Eziopatogenesi

Le varie cause di shock possono essere ben descritte analizzando l'equazione dell'apporto di ossigeno:

DO2=GC*CaO2, dove DO2 è l'apporto di ossigeno, GC è la gittata cardiaca, CaO2 è contenuto di ossigeno del sangue arterioso

I cui membri sono determinati dalle 2 equazioni:

L'equazione dell'apporto di O2, sostituendo ai 2 membri le rispettive espressioni, diventa:

DO2=GS*FC*[(1,39*[Hb]*SatO2)+(0,003*PaO2)], consentendoci con una sola formula matematica di descrivere tutte le cause di shock, analizzandone i membri ad uno ad uno.

In particolare la gittata sistolica dipende per la legge di Starling dal precarico, dal postcarico e dalla contrattilità del cuore, che possono essere monitorati a livello clinico in maniera indiretta con varie metodiche (il precarico misurando la pressione venosa centrale, tenendo ben presente che questa variabile non è in funzione lineare col precarico, ma questo dipende anche dalla rigidità delle pareti del ventricolo destro; il postcarico misurando la pressione arteriosa sistemica; la contrattilità con l'ecocardiogramma o tramite la scintigrafia miocardica).

Le cause di shock si suddividono in gruppi in base alla causa:

Per ognuno di questi 4 gruppi di cause i membri dell'equazione su descritta variano, aiutandoci a capire l'eziologia e l'evoluzione della situazione:

Tipo Precarico Postcarico Contrattilità SvO2 Resistenze periferiche
Shock cardiogeno aumentato aumentato diminuita diminuita aumentate
Shock ostruttivo del piccolo circolo aumentato nel ventricolo destro; diminuito nel ventricolo sinistro aumentato normale diminuita aumentate
Shock ostruttivo della grande circolazione e piccolo circolo aumentato aumentato normale diminuita aumentate
Shock ipovolemico diminuito aumentato normale diminuita aumentate
Shock distributivo diminuito o normale diminuito normale variabile diminuite

Decorso

Si possono identificare almeno tre diverse fasi: una fase iniziale, trattabile, sino ad una fase finale, irreversibile dello shock, seppure con patogenesi diverse:[4]

  1. fase compensatoria: la depressione cardiocircolatoria si aggrava e vengono messi in atto meccanismi di compenso (sistema nervoso simpatico, catecolamine, produzioni di fattori locali, come le citochine)
  2. fase di progressione: il compenso diviene inefficace e il deficit di apporto ematico agli organi vitali provoca gravi squilibri fisiopatologici con accumulo di sostanze vasoattive e danno cellulare. La vasodilatazione con l'aumento della permeabilità tissutale può portare sino alla coagulazione intravascolare disseminata
  3. fase di irreversibilità: immissione in circolo di sostanze tossiche prodotte dalla necrosi tissutale, blocco della funzione renale e arresto del circolo per la formazione di microtrombosi diffusa a tutti gli organi, coma irreversibile e riduzione della funzione cardiaca sino alla morte.

Clinica

Segni e sintomi

Dipendono in larga misura dagli organi e dai sistemi coinvolti:

Trattamento

Terapie farmacologiche

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Terapie non farmacologiche

Posizione antishock

Template:Vedi anche La posizione antishock, o posizione di Trendelenburg, si realizza ponendo l'infortunato disteso in posizione supina, inclinato di 20-30° con il capo a terra, con il bacino leggermente rialzato (per esempio con un cuscino) e gli arti inferiori sollevati. Tale posizione favorisce il ritorno venoso al cuore, che può irrorare meglio il cervello diminuendo quindi il rischio di anossia cerebrale.

Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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