Cinematica relativistica

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La teoria della relatività di Albert Einstein cambiò totalmente il modo di vedere la fisica classica nei primi anni del '900. Con le sue intuizioni si arrivò a costruire il primo modello di relatività ristretta (o speciale) che a loro volta porteranno alla fondazione della relatività generale. Qui sarà presa in esame lo studio del moto di un corpo sottoposto a forza costante.

Lo studio di seguito trattato implica uno spazio-tempo non curvato da fonti destabilizzatrici, quali masse o campi di ogni tipo.

Inoltre le grandezze vettoriali trattate sono state considerate tutte applicate lungo una ugual direzione.

Relatività speciale o ristretta

Con la restrizione della validità delle equazioni della dinamica Newtoniana, è stato necessario riscrivere le equazioni più basilari di questa ai fini di poter descrivere fenomeni più complessi, prima non contemplabili, a velocità paragonabili a quella della luce.

Immaginiamo di essere un osservatore di una astronave e che, grazie a un potente motore a combustione di antimateria, ad esempio, questa possa viaggiare nello spazio.

Conoscendo le equazioni della fisica classica, non potremmo mai ottenere una legge oraria che soddisfi la cocente condizione "nulla va più veloce della luce". Ecco perché qui costruiremo un modello puramente cinematico di un corpo sottoposto a una forza costante. Ricordiamo il principio della dinamica, con applicata, la modifica relativistica:

F=dPdt
P=γm0v
γ=11v2c2

dove:

Le leggi del moto sono le seguenti

a(t)=a0(1+a02t2c2)32
v(t)=a0t1+a02t2c2
s(t)=c2a0(1+a02t2c21)

Dimostrazione

Discutendo un sistema puramente cinematico, tratteremo F e m0 come costanti e anzi, useremo il loro rapporto Fm0=a0, intendendo con a0 l'accelerazione iniziale impressa al corpo e quindi non dipendente da t.

Svolgiamo per cominciare la derivata in t della quantità di moto P

P=γm0v
dPdt=m0vdγdt+m0γdvdtdPdt=m0vdγdt+m0γa
F=γm0a+m0vdγdtF=m0(γa+vdγdt)

Svolgiamo quindi il differenziale di γ, ma in dv così da poter integrare in un momento successivo:

dγ=vc2γ3dv

e sostituiamo

F=m0(γa+vvc2γ3dvdt)

ovvero

F=m0(γa+v2c2γ3a)

quindi raccogliamo aγ

F=γm0a(1+v2c2γ2)a0=aγ(1+v2c2γ2)

dividiamo per m0 e sostituiamo la variabile a con dvdt

a0dt=dvγ(1+v2c2γ2)

ora possiamo integrare

0ta0dt=0tγ(1+v2c2γ2)dv
a0t=v(t)γ(t)

ora esprimiamo il tutto in funzione di v(t)

a0t=v(t)1v2(t)c2a02t2=v2(t)1v2(t)c2
(1v2(t)c2)a02t2=v2(t)a02t2a02t2c2v2(t)v2(t)=0v2(t)(a02t2c2+1)=a02t2

in conclusione

v(t)=a0t1+a02t2c2

per ottenere la legge oraria basterà integrare v(t) in dt mentre per avere l'andamento dell'accelerazione, occorrerà farne la derivata

a(t)=ddtv(t)
s(t)=v(t)dt

e i rispettivi risultati sono

a(t)=a0(1+a02t2c2)32
s(t)=c2a0(1+a02t2c21)

Generalizzazione delle leggi classiche

Queste formule valgono per ogni periodo di tempo t, tuttavia non possono entrare in contraddizione con ciò che afferma la fisica Newtoniana. Tali leggi devono valere per t molto piccoli, pertanto andiamo a dimostrare che queste leggi, sono un caso particolare di quelle ricavate dalla dinamica relativistica. Per farlo, usiamo gli sviluppi in serie di Taylor in 0 e otterremo i seguenti risultati

limt0a0(1+a02t2c2)32=a0
limt0a0t1+a02t2c2=a0t
limt0c2a0(1+a02t2c21)=12a0t2

Viceversa, confermiamo che queste equazioni sono valide in quanto hanno come limite di v per valori di t molto alti, vale c

limta0(1+a02t2c2)32=0
limta0t1+a02t2c2=c
limtc2a0(1+a02t2c21)=

I conti tornano: l'accelerazione è una funzione di t che possiede un asintoto orizzontale in 0, mentre s(t) possiede un asintoto obliquo con pendenza uguale a c

limts(t)t=>
limtc2a0t(1+a02t2c21)=limtc2a0t(a0tc1)=limtc2a0ta0tc=c

Forza variabile

Prendiamo ora in esame il caso in cui la forza a cui viene sottoposto il nostro corpo non sia costante nel tempo, bensì vari. Questo significa che non potremo più riferirci ad un a0, ma dovremo trovare una nuova grandezza su cui riferirci che scopriremo essere il lavoro compiuto nello spostamento.

I passaggi precedenti valgono sino a questo punto:

F=γm0a(1+v2c2γ2)

Procediamo

Fdt=γm0(1+v2c2γ2)dv

A questo punto integrando otterremmo a sinistra dell'uguaglianza un impulso istantaneo ed essendo quest'ultima una grandezza di non facile misura, senza contare che il risultato ci dice solo quanto già sapevamo riguardo alla quantità di moto, conviene usare un'altra grandezza:

I(t)=m0γ(t)v(t)

Operiamo quindi come segue, usando il differenziale di spazio anziché quello di tempo, cambiandolo mediante la relazione con la velocità v=dsdt=>dt=dsv

Fds=γm0v(1+v2c2γ2)dv

A questo punto, integrando, otteniamo le seguenti uguaglianze

0tFds=m00tγv(1+v2c2γ2)dv
L(t)=m0(0tγvdv+1c20tv3γ3dv)

conoscendo la definizione di Lavoro dL=Fds

Risolviamo separatamente gli integrali e otteniamo i seguenti risultati:

  • 0tγvdv=c2(11γ)
  • 0tγ3v3dv=c4(γ+1γ2)

Sostituendo

L(t)m0=c2(11γ)+c2(γ+1γ2)
L(t)m0=c2(11γ+γ+1γ2)
L(t)m0=c2(γ1)

Quindi esprimiamo tutto in funzione di v

L(t)m0c2+1=γ=>(1+L(t)/m0c2)2=11v2(t)c2
(1v2(t)c2)(1+L(t)/m0c2)2=1=>1v2(t)c2=1(1+L(t)/m0c2)2
v2(t)c2=11(1+L(t)m0c2)2
v(t)=c11(1+L(t)m0c2)2

Usando le serie di Taylor per t0,L0

v(t)=2L(t)m0=>12m0v2(t)=L(t)

Ed effettivamente il nostro lavoro esercitato sul corpo è quello esclusivamente utilizzato per lo spostamento e si tramuta pertanto in energia cinetica. Possiamo inoltre verificare facilmente che il limite di v(t) per t è c: questo sta a significare che per quanta energia forniamo a un corpo, se questa tentiamo di trasformarla tutta in energia cinetica, otterremmo sempre delle velocità più prossime a c e mai superiori.

Bibliografia

  • G.P. Parodi, M. Ostili, G.Mochi Onori, L'evoluzione della Fisica Vol 3A

Voci correlate

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