Visualizza wikitesto di Atmosfera di Giove

{{torna a|Giove (astronomia)}}
{{giove}}
L{{'}}'''atmosfera di Giove''' è la più estesa [[Atmosfera#Atmosfere planetarie|atmosfera planetaria]] del [[sistema solare]]. È composta principalmente da [[idrogeno]] molecolare ed [[elio]] - con proporzioni simili alla loro [[Sole#Composizione chimica|abbondanza nel Sole]] - con tracce di [[metano]], [[ammoniaca]], [[acido solfidrico]] ed [[acqua]]; quest'ultima non è stata finora rilevata ma si ritiene che sia presente in profondità. Le [[abbondanza cosmica|abbondanze]] dell'[[ossigeno]], dell'[[azoto]], dello [[zolfo]] e dei [[gas nobili]] sono superiori di un fattore tre ai valori misurati nel Sole.<ref name=Atreya2003/>

[[File:Jupiter 3rd spot.jpg|thumb|Un dettaglio dell'atmosfera gioviana ripreso dal [[telescopio spaziale Hubble]] che mostra alcune tempeste: la [[Grande Macchia Rossa]], l'[[Ovale BA]] (in basso a sinistra) e un'altra macchia rossastra di recente formazione; si notino, al di sotto di esse, due [[Macchia Ovale Bianca|ovali biancastri]].]]

L'atmosfera di Giove manca di un chiaro confine inferiore, ma gradualmente transisce negli [[struttura interna di Giove|strati interni del pianeta]].<ref name=Guillot1999/> L'atmosfera è suddivisibile in diversi strati, ciascuno caratterizzato da un gradiente di temperatura specifico;<ref name=Sieff1998/> dal più basso al più alto, sono: [[troposfera]], [[stratosfera]], [[termosfera]] ed [[esosfera]]. La troposfera è lo strato più basso e presenta un complicato sistema di nubi e foschie, strati di ammoniaca, [[idrosolfuro di ammonio]] ed acqua;<ref name=Atreya2005/> le nubi di ammoniaca più alte determinano l'aspetto del pianeta e sono il principale elemento visibile dall'esterno. Tenute insieme da potenti [[Corrente a getto|correnti a getto]] (''jet stream''), sono organizzate in una dozzina di bande parallele all'[[equatore]]; bande scure si alternano a bande più chiare, le prime dette ''fasce'', le seconde ''zone''. 

Si distinguono tra loro soprattutto per i moti e le temperature: nelle bande le temperature sono più elevate e i gas hanno un moto discendente verso gli strati bassi dell'atmosfera, mentre le zone presentano temperature più basse con un moto ascensionale dei fluidi.<ref name=Ingersoll1/> Gli studiosi ritengono che il colore più chiaro delle zone derivi dalla presenza di ghiaccio di ammoniaca, mentre non è ancora chiaro cosa renda le bande più scure.<ref name=Ingersoll1/> Sebbene siano stati sviluppati due modelli per la struttura delle bande e delle correnti a getto, la loro origine ancora non è compresa. Il primo modello (''shallow model'', ''shallow'' significa ''poco profondo'') prevede che le bande e le correnti a getto siano fenomeni superficiali sovrastanti un interno più stabile. Nel secondo modello (''deep model'', ''deep'' significa ''profondo''), sono manifestazioni superficiali di fenomeni convettivi dell'idrogeno molecolare, che avvengono nel [[mantello (geologia)|mantello]] di Giove organizzato in una serie di cilindri coassiali.<ref name=1942Vasavada/>

L'atmosfera gioviana mostra un ampio spettro di fenomeni attivi: instabilità delle bande, vortici ([[ciclone|cicloni]] ed [[anticiclone|anticicloni]]), tempeste e [[fulmine|fulmini]].<ref name=1974Vasavada/> I vortici si presentano come grandi macchie (ovali) rosse, bianche o brune. Le più grandi sono la [[Grande Macchia Rossa]] (GRS, dall'inglese ''Great Red Spot'')<ref name=1978bVasavada/> e l{{'}}''[[Ovale BA]]'', informalmente chiamata Piccola Macchia Rossa;<ref name=1980Vasavada/> entrambe, così come la maggior parte della macchie più grandi, sono anticicloni. Gli anticicloni più piccoli appaiono bianchi. Si pensa che i vortici siano strutture poco profonde, che raggiungono una profondità non superiore a diverse centinaia di chilometri. Posta nell'emisfero meridionale del pianeta, la Grande Macchia Rossa è il vortice più grande conosciuto nel sistema solare.<ref name=1976Vasavada/>

Su Giove avvengono tempeste potenti, sempre accompagnate da scariche di fulmini. Le tempeste si formano principalmente nelle bande e sono il risultato di moti convettivi dell'aria umida nell'atmosfera, che portano all'evaporazione e condensazione dell'acqua. Sono siti di intense correnti ascensionali che conducono alla formazione di nubi luminose e dense. I fulmini su Giove sono in media molto più potenti che quelli sulla Terra, tuttavia avvengono con minore frequenza e quindi complessivamente il livello medio della potenza luminosa emessa dai fulmini sui due pianeti è confrontabile.<ref name=1982Vasavada/>

== Struttura verticale ==
[[File:Struttura atmosferica di Giove.PNG|thumb|upright=1.2|La struttura in verticale dell'atmosfera di Giove. Si notino le cadute di pressione con l'altitudine. La [[Sonda Galileo#Sonda atmosferica|sonda atmosferica]] trasportata dalla sonda Galileo è giunta fino a −132&nbsp;km prima di smettere di trasmettere.<ref name=Sieff1998/> Lo zero altimetrico adottato è posto in corrispondenza del livello dove è raggiunta la pressione di 1&nbsp;bar (10³&nbsp;mbar).]]

L'atmosfera di Giove è suddivisa in quattro strati, che in ordine di altezza sono: la [[troposfera]], [[stratosfera]], la [[termosfera]] e l'[[esosfera]]. A differenza dell'[[atmosfera terrestre]], Giove manca di una [[Mesosfera (atmosfera)|mesosfera]].<ref name=Ingersoll7/> Giove non ha una superficie solida e lo strato atmosferico più basso, la troposfera, gradualmente transisce negli strati interni del pianeta.<ref name=Guillot1999/> Ciò accade perché le condizioni di temperatura e pressione sono ben al di sopra del [[Punto critico (termodinamica)|punto critico]] per l'idrogeno e l'elio, e quindi non c'è un confine netto tra la fase gassosa e la fase liquida.<ref name = Guillot1999>{{cita|Guillot}}, 1999.</ref>

Poiché il confine inferiore dell'atmosfera non è ben identificabile, è stato assunto come base della troposfera il livello a cui viene raggiunta una pressione di 10 [[Bar (unità di misura)|bar]],<ref name=Sieff1998/> con una temperatura di circa 340 K e ad una profondità di circa 90&nbsp;km dallo zero altimetrico, comunemente adottato nella letteratura scientifica in corrispondenza del livello dove è raggiunta la pressione di 1 bar.<ref name=Guillot1999/> Allo zero altimetrico corrisponde inoltre quella che viene comunemente indicata come la "superficie" del pianeta, ovvero la sommità visibile delle nubi. Come anche nel caso della Terra, lo strato più alto dell'atmosfera, l'esosfera, non ha un confine superiore ben definito.<ref name = Yelle1>{{cita|Yelle|p. 1}}, 2004.</ref> La densità gradualmente diminuisce fino alla transizione con il mezzo interplanetario, approssimativamente a 5000&nbsp;km dalla "superficie".<ref name = Miller2005>{{cita|Miller ''et al''||Miller2005}}, 2005.</ref>

Le variazioni in verticale della temperature nell'atmosfera gioviana presentano un comportamento analogo a quello registrato nell'atmosfera della Terra. La temperatura della troposfera diminuisce linearmente finché non è raggiunta la [[tropopausa]],<ref name=Ingersoll4/> il confine tra la troposfera e la stratosfera. Su Giove, la tropopausa si verifica approssimativamente a 50&nbsp;km d'altezza dallo zero altimetrico. Al livello della tropopausa si registrano una temperatura di circa 110 K ed una pressione di 0,1 bar.<ref name=Sieff1998/><ref name=Ingersoll3/> Nella stratosfera, la temperatura aumenta e raggiunge circa 200 K alla transizione con la termosfera, ad un'altitudine di 320&nbsp;km e ad una pressione di 1&nbsp;μbar.<ref name = Sieff1998>{{cita|Sieff ''et al''||Sieff}}, 1998.</ref> Nella termosfera, la temperatura continua ad aumentare raggiungendo i 1000 K ad un'altitudine di 1000&nbsp;km, dove si registra una pressione di circa 1&nbsp;nbar.<ref name=Yelle3/>

La troposfera di Giove presenta una complicata struttura nuvolosa. Le nubi visibili, che si localizzano tra 0,7–1,0&nbsp;bar di pressione, sono composte principalmente da ghiaccio di ammoniaca.<ref name=Atreya1999/> Si ritiene che gli strati nuvolosi sottostanti siano composti invece da idrosolfuro di ammonio e [[solfuro di ammonio]] (tra 1,5–3&nbsp;bar) ed acqua (3–7&nbsp;bar).<ref name = Atreya2005>{{cita|Atreya ''et al''||Atreya2005a}}, 2005.</ref><ref name=1937Vasavada/> Non dovrebbero esserci, invece, nubi di metano, poiché le temperature sono troppo alte perché possa condensare.<ref name=Atreya2005/> Le nubi di acqua formano lo strato nuvoloso più denso ed hanno l'influenza più forte sulla dinamica dell'atmosfera. Ciò deriva dalla maggiore abbondanza e dalla maggiore [[Entalpia di vaporizzazione|entalpia di condensazione]] dell'acqua rispetto all'ammoniaca e all'acido solfidrico (l'ossigeno è un elemento chimico più abbondante che non l'azoto o lo zolfo).<ref name = Ingersoll7>{{cita|Ingersoll|pp. 13-14}}, 2004.</ref> Vari strati di foschia, sia nella troposfera (a 0,2 bar) sia nella stratosfera (a 10 mbar), sono presenti sopra lo strato nuvoloso.<ref name = Ingersoll8>{{cita|Ingersoll|p. 8}}, 2004.</ref> Quelli stratosferici si formano dalla condensazione di [[idrocarburi policiclici aromatici]] pesanti o di [[idrazina]], generati nell'alta stratosfera (1–100&nbsp;μbar) dall'interazione della [[radiazione ultravioletta]] (UV) solare con il metano.<ref name = Atreya2005b>{{cita|Atreya ''et al''||Atreya2005}}, 2005.</ref> L'abbondanza del metano nella stratosfera relativa a quella dell'idrogeno molecolare è di circa 10<sup>−4</sup>,<ref name=Miller2005/> mentre quella di altri idrocarburi leggeri, come etano e acetilene, sempre relativamente a quella dell'idrogeno molecolare, è di circa 10<sup>−6</sup>.<ref name=Miller2005/>

La termosfera di Giove è caratterizzata da una pressione inferiore ad 1&nbsp;μbar e manifesta fenomeni come ''[[airglow]]'', [[Aurora polare|aurore polari]] ed emissioni di [[raggi X]] .<ref name = Yelle2>{{cita|Yelle|pp. 1-12}}, 2004.</ref> All'interno di essa sono presenti quegli strati con una maggiore densità di elettroni e [[ione|ioni]] che costituiscono la [[ionosfera]] del pianeta.<ref name=Miller2005/> Le alte temperature che si registrano nella termosfera (800–1000 K) non sono state ancora pienamente spiegate;<ref name = Yelle3>{{cita|Yelle|pp. 15-16}}, 2004.</ref> i modelli esistenti prevedono infatti temperature non superiori ai 400 K.<ref name=Miller2005/> Il riscaldamento aggiuntivo potrebbe derivare da un maggiore assorbimento di [[radiazione solare]] altamente energetica (UV o raggi X), dalla precipitazione di particelle cariche della magnetosfera gioviana sul pianeta oppure dalla dissipazione di [[onda gravitazionale|onde gravitazionali]] propagantesi dall'interno del pianeta.<ref name = Yelle4>{{cita|Yelle|pp. 22-27}}, 2004.</ref> La termosfera e l'esosfera gioviane manifestano emissioni di raggi X sia ai poli, sia a basse latitudini, osservate per la prima volta nel [[1983]] dall{{'}}''[[Osservatorio Einstein|Einstein Observatory]]''.<ref name = Bhardwaj2000>{{cita|Bhardwaj, Gladstone||Bhardwaj}}, 2000.</ref> Le particelle magnetiche provenienti dalla magnetosfera gioviana generano aurore luminose intorno ai poli, ma a differenze delle analoghe terrestri, che si manifestano soltanto durante le [[tempesta geomagnetica|tempeste magnetiche]], le aurore sono fenomeni costanti dell'atmosfera gioviana.<ref name=Bhardwaj2000/> La termosfera di Giove è stato il primo posto al di fuori della Terra dove è stato scoperto il catione [[idrogenonio]] (H<sub>3</sub><sup>+</sup>).<ref name=Miller2005/> Questo ione è responsabile di forti emissioni nel [[Radiazione infrarossa|medio infrarosso]], a lunghezze d'onda comprese fra 3 e 5&nbsp;µm, ed è il principale elemento raffreddante della termosfera.<ref name=Yelle2/>

== Composizione chimica ==
{|class="wikitable" style="float:left; text-align:center; margin-top:.5em; margin-right:1em"
! colspan=4 | Rapporti isotopici su Giove e sul Sole<ref name=Atreya2003/>
|-
| Rapporto || Sole || Giove
|-
| [[Carbonio-13|<sup>13</sup>C]]/[[Carbonio|<sup>12</sup>C]] || 0,11|| 0,0108&nbsp;±&nbsp;0,0005
|-
| [[Azoto-15|<sup>15</sup>N]]/[[Azoto|<sup>14</sup>N]] || <2,8 × 10<sup>−3</sup> || 2,3&nbsp;±&nbsp;0,3 × 10<sup>−3</sup>
(0,08–2,8&nbsp;bar)
|-
| [[Argon|<sup>36</sup>Ar]]/[[Argon-38|<sup>38</sup>Ar]] || 5,77&nbsp;±&nbsp;0,08|| 5,6&nbsp;±&nbsp;0,25
|-
| [[Neon|<sup>20</sup>Ne]]/[[Neon-22|<sup>22</sup>Ne]] || 13,81&nbsp;±&nbsp;0,08 || 13&nbsp;±&nbsp;2
|-
| [[Elio-3|³He]]/[[Elio|<sup>4</sup>He]] || 1,5&nbsp;±&nbsp;0,3 × 10<sup>−4</sup> || 1,66&nbsp;±&nbsp;0,05 × 10<sup>−4</sup>
|-
| [[Deuterio|D]]/[[Idrogeno|H]] || 3,0&nbsp;±&nbsp;0,17 × 10<sup>−5</sup> || 2,25&nbsp;±&nbsp;0,35 × 10<sup>−5</sup>
|}

{|class="wikitable" style="float:right; text-align:center; margin-top:.5em; margin-left:1em"
! colspan=4 | Abbondanza degli elementi relativa<br />all'idrogeno su Giove e nel Sole<ref name=Atreya2003/>
|-
|Elemento||Sole||Giove/Sole
|-
| [[elio|He]]/[[idrogeno|H]] || 0,0975 || 0,807&nbsp;±&nbsp;0,02
|-
| [[neon|Ne]]/H || 1,23 × 10<sup>−4</sup> || 0,10&nbsp;±&nbsp;0,01
|-
| [[argon|Ar]]/H || 3,62 × 10<sup>−6</sup> || 2,5&nbsp;±&nbsp;0,5
|-
| [[kripton|Kr]]/H || 1,61 × 10<sup>−9</sup> || 2,7&nbsp;±&nbsp;0,5
|-
| [[Xeno|Xe]]/H || 1,68 × 10<sup>−10 </sup> || 2,6&nbsp;±&nbsp;0,5
|-
| [[carbonio|C]]/H || 3,62 × 10<sup>−4</sup> || 2,9&nbsp;±&nbsp;0,5
|-
| [[azoto|N]]/H || 1,12 × 10<sup>−4</sup>
| 3,6&nbsp;±&nbsp;0,5 (8&nbsp;bar) 
3,2&nbsp;±&nbsp;1,4 (9–12&nbsp;bar)
|-
| [[ossigeno|O]]/H || 8,51 × 10<sup>−4</sup>
| 0,033&nbsp;±&nbsp;0,015 (12&nbsp;bar) 
0,19–0,58 (19&nbsp;bar)
|-
| [[fosforo|P]]/H || 3,73 × 10<sup>−7</sup> || 0,82
|-
| [[zolfo|S]]/H || 1,62 × 10<sup>−45</sup> || 2,5&nbsp;±&nbsp;0,15
|}

La composizione dell'atmosfera gioviana è simile a quella di tutto il pianeta.<ref name=Atreya2003/> L'atmosfera di Giove è quella che è stata complessivamente meglio compresa tra quelle dei [[gigante gassoso|giganti gassosi]], perché è stata osservata direttamente dalla sonda atmosferica della missione '' [[Sonda Galileo|Galileo]] '' quando penetrò nell'atmosfera del pianeta il 7 dicembre [[1995]].<ref>{{Cita web|url=http://www.planet4589.org/space/jsr/back/news.267|titolo=Jonathan's Space Report, No. 267|nome=Jonathan|cognome=McDowell|editore=Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics|data=8 dicembre 1995|accesso=6 maggio 2007|lingua=en|urlarchivio=https://www.webcitation.org/60qCksDp1?url=http://www.planet4589.org/space/jsr/back/news.267|dataarchivio=10 agosto 2011|urlmorto=sì}}</ref> Altre fonti di informazione sulla composizione dell'atmosfera sono stati l{{'}}''[[Infrared Space Observatory]]'' (ISO),<ref name=Encrenaz2003/> le [[sonda spaziale|sonde]] ''Galileo'' e ''[[Missione spaziale Cassini-Huygens|Cassini]]''<ref name = Kunde2004>{{cita|Kunde ''et al''||Kunde}}, 2004.</ref> e le osservazioni dalla Terra.<ref name = Atreya2003>{{cita|Atreya ''et al''||Atreya2003}}, 2003.</ref>

I due principali costituenti dell'atmosfera di Giove sono l'[[idrogeno]] molecolare (H<sub>2</sub>) e l'[[elio]].<ref name=Atreya2003/> L'abbondanza dell'elio è 0,157 ± 0,0036 relativamente all'idrogeno molecolare per numero di molecole e la sua frazione di massa è 0,234 ± 0,005, leggermente inferiore al valore [[Elementi primordiali|primordiale]] per il Sistema solare.<ref name=Atreya2003/> La ragione di questa "mancanza" non è stata ancora pienamente compresa, ma, essendo più denso dell'idrogeno, la parte di elio mancante potrebbe essere condensata nel nucleo del pianeta.<ref name = Atreya1999>{{cita|Atreya ''et al''||Atreya1999}}, 1999.</ref>

Nell'atmosfera sono presenti vari composti semplici quali [[acqua]], [[metano]] (CH<sub>4</sub>), [[acido solfidrico]] (H<sub>2</sub>S), [[ammoniaca]] (NH<sub>3</sub>) e [[fosfina]] (PH<sub>3</sub>).<ref name=Atreya2003/> La loro abbondanza nella profonda troposfera (sotto i 10 bar) implica che l'atmosfera di Giove è arricchita di [[carbonio]], [[azoto]], [[zolfo]] e probabilmente [[ossigeno]] di un fattore compreso tra 2 e 4 rispetto al Sole.<ref group="N">Sono state proposte varie spiegazioni della sovrabbondanza riscontrata di carbonio, ossigeno, azoto ed altri elementi. La più accettata è che Giove abbia catturato un gran numero di planetoidi ghiacciati durante gli stadi finali della sua [[accrescimento (astronomia)|accrezione]]. Si ritiene che gli elementi volatili, come i gas nobili, fossero intrappolati come [[Clatrato idrato|clatrati idrati]] in ghiaccio d'acqua.</ref><ref name=Atreya2003/> Anche i gas nobili [[argon]], [[kripton]] e [[xeno]] sembrano essere sovrabbondanti rispetto alla composizione del Sole (guarda la tabella a lato), mentre il [[neon]] è meno abbondante.<ref name=Atreya2003/> Altri composti chimici come l'[[arsina]] (AsH<sub>3</sub>) e l'[[idruro di germanio]] (GeH<sub>4</sub>) sono presenti in tracce.<ref name=Atreya2003/> L'alta atmosfera contiene piccole quantità di [[idrocarburi]] semplici come l'[[etano]], l'[[acetilene]] ed il [[diacetilene]], che si formano dal metano sotto l'azione delle [[Radiazione ultravioletta|radiazioni ultraviolette]] solari e delle particelle cariche provenienti dalla magnetosfera gioviana.<ref name=Atreya2003/> Si ritiene che l'[[anidride carbonica]] (CO<sub>2</sub>), il [[monossido di carbonio]] (CO) e l'acqua presenti nella parte superiore dell'atmosfera provengano dalle [[cometa|comete]] che sono cadute sul pianeta, come la [[cometa Shoemaker-Levy 9]]. L'acqua non può provenire dalla troposfera perché la tropopausa funziona come una trappola a freddo, impedendo all'acqua di salire nella stratosfera (guarda la sezione precedente).<ref name=Atreya2003/>

Misurazioni dalla Terra e dallo spazio hanno migliorato la conoscenza dei [[Geochimica isotopica|rapporti isotopici]] nell'atmosfera gioviana. Al luglio del [[2003]], il valore riconosciuto per l'abbondanza del deuterio è 2,25 ± 0,35 × 10<sup>−5</sup>,<ref name=Atreya2003/> che probabilmente corrisponde al valore primordiale riscontrabile nella [[nebulosa solare]] da cui si è originato il Sistema solare.<ref name=Encrenaz2003/> Il rapporto tra gli isotopi dell'azoto nell'atmosfera gioviana, [[Azoto-15|<sup>15</sup>N]] su [[Azoto|<sup>14</sup>N]], è 2,3 × 10<sup>−3</sup>, un terzo più basso di quello riscontrato nell'atmosfera terrestre (3,5 × 10<sup>−3</sup>).<ref name=Atreya2003/> Quest'ultima scoperta è particolarmente significativa perché le teorie sull'[[origine ed evoluzione del sistema solare]] considerano il valore terrestre del rapporto tra gli isotopi dell'azoto prossimo al valore primordiale.<ref name = Encrenaz2003>{{cita|Encrenaz}}, 2003.</ref>

== Zone, bande e correnti a getto ==
[[File:Map of Jupiter.jpg|thumb|L'immagine più dettagliata mai prodotta dell'atmosfera di Giove è stata ripresa dalla sonda ''Cassini'' nel [[2000]].]]

La superficie visibile di Giove è divisa in numerose fasce parallele all'equatore. Queste sono di due tipi: le ''zone'', più chiare, e le ''bande'', più scure.<ref name = Ingersoll1>{{cita|Ingersoll|pp. 2-5}}, 2004.</ref> L'ampia ''zona equatoriale'' (EZ) si estende tra le latitudini 7° S e 7° N, circa. Sopra e sotto di essa, ci sono la ''banda equatoriale nord'' (NEB) e la ''banda equatoriale sud'' (SEB) che raggiungono i 18° N e 18° S rispettivamente. Più distanti dall'equatore, ci sono le ''bande tropicali nord'' e ''sud'' (rispettivamente, NTrZ e STrZ).<ref name=Ingersoll1/> L'alternanza di bande e zone prosegue fino alle regioni polari, interrompendosi approssimativamente a 50° di [[latitudine]], dove l'aspetto visibile appare in qualche modo mutato.<ref name = "Rogers1">{{cita|Rogers|p. 81}}, 1995.</ref> La struttura alternante basilare invece si estende probabilmente fino ai poli, raggiungendo almeno gli 80° Nord e Sud.<ref name=Ingersoll1/>

La differenza nell'aspetto tra zone e bande è causata dalla differente opacità delle nuvole che le compongono.
La concentrazione dell'ammoniaca è più alta nelle zone e ciò conduce alla formazione di nubi più dense di ghiaccio di ammoniaca alle alte altitudini, che determina il loro colore più chiaro.<ref name=Ingersoll4/> Di contro, nelle bande le nubi sono più sottili e si trovano ad altitudini inferiori.<ref name = Ingersoll4>{{cita|Ingersoll|pp. 5-7}}, 2004.</ref> L'alta troposfera è più fredda in corrispondenza delle zone e più calda in corrispondenza delle bande.<ref name=Ingersoll1/> L'esatta natura delle reazioni chimiche che fanno le zone e le bande gioviane così colorate è ancora sconosciuta, ma potrebbero parteciparvi composti elaborati dello [[zolfo]], del [[fosforo]] e del [[carbonio]].<ref name=Ingersoll1/>

[[File:Giove - velocità del vento.PNG|thumb|upright=1.2|left|Velocità dei venti zonali nell'atmosfera di Giove.]]

Le bande gioviane sono confinate da flussi atmosferici zonali (venti) chiamati "[[Corrente a getto|correnti a getto]]" (''jet streams''). Allontanandosi dall'equatore, le correnti a getto [[Moto retrogrado|retrograde]], dirette da est ad ovest, segnano la transizione tra le zone e le bande; mentre quelle prograde, dirette da ovest ad est, segnano la transizione tra le bande e le zone.<ref name=Ingersoll1/> Questa configurazione dei venti significa che i venti zonali diminuiscono di intensità nelle bande ed aumentano nelle zone, dall'equatore ai poli. Quindi, lo ''[[wind shear]]'' nelle bande è [[ciclone|ciclonico]] ed [[anticiclone|anticiclonico]] nelle zone.<ref name = 1937Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1937}}, 2005.</ref> La ''zona equatoriale'' rappresenta un'eccezione a questa regola dal momento che è percorsa da forti venti diretti da ovest ad est (progradi) e presenta un minimo locale della velocità del vento esattamente all'equatore. La velocità delle correnti a getto è molto alta, superiore a 100&nbsp;m/s,<ref name=Ingersoll1/> e corrisponde alle nuvole di ammoniaca localizzate ad una pressione compresa tra 0,7–1&nbsp;bar. Le correnti a getto prograde sono generalmente più potenti che non quelle retrograde.<ref name=Ingersoll1/> La loro estensione verticale non è ancora nota: decadono in due o tre volte la costante di scala per le altezze <ref group="N">La costante di scala per le altezze ''sh'' è definita come 
:<math>sh = \frac{RT}{Mg_j}</math>
dove {{Tutto attaccato|1=''R'' = 8,31 J/mol/K}} è la [[costante dei gas]], {{Tutto attaccato|1=''M'' ≈ 0,0023 kg/mol}} è la massa molare media tra i componenti dell'atmosfera gioviana, ''T'' è la temperatura e {{Tutto attaccato|1=g<sub>j</sub> ≈ 25 m/s²}} è l'accelerazione gravitazionale sulla superficie di Giove. Poiché la temperatura varia tra 110&nbsp;K in corrispondenza della tropopausa a 1000&nbsp;K nella termosfera, la costante di scala può variare tra 15 e 150&nbsp;km.<br />Cfr. {{cita|Sieff ''et al''||Sieff}}, 1998.</ref> sopra le nuvole, mentre al di sotto del livello delle nubi, la velocità dei venti aumenta leggermente e rimane poi costante fino al livello in cui si registrano 22 bar di pressione, la massima profondità operativa raggiunta dalla sonda atmosferica della missione ''Galileo''.<ref name = Ingersoll3>{{cita|Ingersoll|p. 12}}, 2004.</ref>

L'origine della struttura a fasce di Giove non è completamente chiara. L'interpretazione più semplice è che nelle zone avvengano moti ascensionali, mentre nelle fasce avvengano moti discensionali.<ref name=Ingersoll2/> Quando aria ricca di ammoniaca sale nelle zone, si espande e si raffredda, formando alte e dense nuvole. Nella bande l'aria discende, scaldandosi [[Trasformazione adiabatica|adiabaticamente]], ed evaporano le nubi candide di ammoniaca, rivelando le nubi sottostanti, più scure. La posizione e ampiezza della bande e la velocità e la posizione dei jet sono notevolmente stabili, con rari cambiamenti registrati tra il [[1980]] ed il [[2000]]. Un esempio di questi cambiamenti è la leggera diminuzione della velocità del jet diretto da ovest ad est posizionato al confine tra la ''zona tropicale nord'' e le ''fasce temperate nord'', a 23°N.<ref name = 1942Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1942}}, 2005.</ref><ref name = Ingersoll2>{{cita|Ingersoll|p. 5}}, 2004.</ref> Le bande, comunque, variano in colorazione ed intensità nel tempo. (vedi sotto)

=== Fasce principali ===
[[File:Giove - Fasce atmosferiche principali.PNG|thumb|upright=1.4|Immagine di Giove ripresa dalla sonda ''Cassini''. Sono indicate le principali bande, la Zona equatoriale e la Grande Macchia Rossa.]]

Le bande e le zone che suddividono l'atmosfera gioviana hanno caratteristiche uniche. Ad ognuna di esse è stato assegnato un nome identificativo. Le ampie zone indistinte grigio-blu in prossimità dei poli, apparentemente senza caratteristiche distinguibili, sono state chiamate ''regione polare settentrionale'' (''North Polar Region'', NPR) e ''regione polare meridionale'' (''South Polar Region'', SPR). Esse si estendono dai poli a circa 40–48° N e S.<ref name="Rogers1"/>

La ''regione temperata nord-nord'' raramente mostra un maggior numero di dettagli rispetto alle regioni polari, a causa dell'[[oscuramento al bordo]], della linea di vista dalla Terra (che conduce ad una rappresentazione di scorcio della superficie) e della generale diffusività di tali dettagli. Detto ciò, la ''banda temperata nord-nord'' (''North North Temperate Belt'', NNTB) è la banda più settentrionale a poter essere distinta, anche se occasionalmente "scompare". I disturbi tendono ad essere minori e di breve durata. La ''zona temperata nord-nord'' (''North North Temperate Zone'', NNTZ) è forse più di rilievo, ma anch'essa generalmente tranquilla. Occasionalmente sono state osservate altre bande e zone minori nella regione.<ref>{{cita|Rogers|pp. 85, 91–4}}, 1995.</ref>

La ''regione temperata settentrionale'' è a latitudini facilmente osservabili dalla Terra ed è stata, quindi, oggetto di un grande numero di osservazioni.<ref name = "Rogers2">{{cita|Rogers|pp. 101-105}}, 1995.</ref> Manifesta la corrente a getto prograda più forte sul pianeta — una corrente diretta da est ad ovest che delimita meridionalmente la ''banda temperata settentrionale'' (''North Temperate Belt'', NTB).<ref name="Rogers2"/> La banda temperata settentrionale sbiadisce approssimativamente una volta ogni dieci anni (è ciò che è accaduto durante i sorvoli delle sonde ''Voyager''), lasciando apparentemente fondere la ''zona temperata settentrionale'' (''North Temperate Zone'', NTZ) con la ''zona tropicale settentrionale'' (''North Tropical Zone'', NTrZ).<ref name="Rogers2"/> In altre occasioni, la zona temperata settentrionale è divisa in due componenti da una sottile banda.<ref name="Rogers2"/>

La ''regione tropicale settentrionale'' comprende la già citata ''zona tropicale settentrionale'' e la ''banda equatoriale settentrionale'' (''North Equatorial Belt'', NEB). La zona tropicale settentrionale è generalmente stabile nella sua colorazione, cambiando nella gradazione soltanto in modo accoppiato all'attività della corrente a getto meridionale della banda temperata settentrionale (NTB). Come la zona temperata settentrionale, anch'essa è a volte divisa in due da una banda sottile, la ''banda tropicale settentrionale'' (''North Tropical Band'', NTrB). In rare occasioni, la componente meridionale della NTrZ che così è venuta a formarsi ospita "piccole macchie rosse". Come il nome suggerisce, sono equivalenti settentrionali della Grande Macchia Rossa, ma a differenza di questa, si manifestano in coppia e sono sempre di breve durata (un anno, in media). Una di esse era presente durante il sorvolo del pianeta della sonda ''[[Pioneer 10]]''.<ref>{{cita|Rogers|pp. 113-117}}, 1995.</ref>

[[File:PIA02863 - Jupiter surface motion animation.gif|thumb|left|upright=1.9|Zone, bande e vortici su Giove. L'ampia zona equatoriale è visibile al centro, a cavallo dell'equatore, cinta dalle due bande equatoriali (SEB e NEB) più scure. I grandi ed irregolari "hot spots" di colore blu-grigiastro sul limite superiore della candida zona equatoriale cambiano nel corso del tempo mentre procedono verso est. La Grande Macchia Rossa appare al limite inferiore della SEB (banda equatoriale meridionale). Attorno agli ovali dell'emisfero settentrionale ruotano piccole tempeste filamentose. Nelle regioni turbolente compaiono rapidamente ed in modo casuale piccole strutture molto luminose, possibili sedi di tempeste accompagnate da fulmini. La struttura più piccola visibile all'equatore è di circa 600&nbsp;km. Questa animazione è costituita da 14 scatti e copre 24 giorni gioviani, circa 10 giorni terrestri. La rotazione è accelerata di circa 600&nbsp;000 volte.]]

La ''banda equatoriale settentrionale'' (NEB) è una della più attive del pianeta. È caratterizzata da bianchi ovali anticiclonici e da ovali bruni ciclonici, con i primi che si formano in generale più a nord degli altri; come nella zona tropicale settentrionale, la maggior parte di queste caratteristiche hanno una durata relativamente breve. Come la ''banda equatoriale meridionale'' (''South Equatorial Belt'', SEB), la NEB è drammaticamente scolorita per poi riprendersi. La scala temporale di questi cambiamenti e di circa 25 anni.<ref>{{cita|Rogers|pp. 125-130}}, 1995.</ref>

La regione equatoriale è una delle più stabili del pianeta, in ampiezza (misurata in angoli di [[latitudine]]) e in attività. La regione è occupata interamente dalla ''zona equatoriale'' (''Equatorial Zone'', EZ). Il limite settentrionale della zona è sede di spettacolari pennacchi che si spostano verso sud dalla NEB, confinati da strutture scure e calde (nell'infrarosso) conosciute come [[#Festoni (hot spots)|festoni (''hot spots'')]].<ref name=1987Vasavada/> Sebbene il confine meridionale della zona equatoriale sia abitualmente quiescente, le registrazioni delle osservazioni del tardo [[XIX secolo|Ottocento]] e dei primi del [[XX secolo|Novecento]] riportano che allora accadeva esattamente l'opposto rispetto ad oggi. La zona equatoriale varia considerevolmente nella colorazione, da tinte pastello all'[[ocra]], fino al [[Rame (colore)|rame]]. Occasionalmente può apparire divisa da una ''banda equatoriale'' (''Equatorial Band'', EB).<ref>{{cita|Rogers|pp. 133, 145–147}}, 1995.</ref> Le strutture nella zona equatoriale si muovono all'incirca a 390&nbsp;km/h rispetto alle altre latitudini.<ref>{{cita|Rogers|p. 133}}, 1995.</ref><ref>{{cita|Beebe|p. 24}}, 1997.</ref>

La ''regione tropicale meridionale'' comprende la ''banda equatoriale meridionale'' e la ''zona tropicale meridionale'' (''South Tropical Zone'', NTrZ). È di gran lunga la più attiva del pianeta, ospitando le correnti a getto retrograde più forti. La banda equatoriale meridionale è abitualmente la banda più ampia e più scura di Giove; tuttavia, a volte è divisa in due da una zona (''South Equatorial Belt Zone'', SEBZ) e può affievolirsi interamente durante un ciclo di recupero della SEB. Un'altra caratteristica interessante della banda equatoriale meridionale è un lungo treno di disturbi ciclonici che segue la Grande Macchia Rossa. Simile alla ''zona tropicale settentrionale'', la ''zona tropicale meridionale'' è una delle zone più significative del pianeta: non solo ospita la Grande Macchia Rossa, ma è occasionalmente percorsa da un ''disturbo tropicale meridionale'' (''South Tropical Disturbance'', STrD), che comporta la divisione della zona e che può durare per molto tempo. Il più famoso è iniziato nel [[1901]] e terminato nel [[1939]].<ref>{{cita|Rogers|pp. 159-160}}, 1995.</ref>

[[File:PIA21641-Jupiter-SouthernStorms-JunoCam-20170525.jpg|thumb|right|Le tempeste presenti nella ''regione polare meridionale'' riprese nel visibile dalla sonda ''[[Juno (sonda spaziale)|Juno]]'' della NASA.]]

La ''regione temperata meridionale'' è occupata principalmente dalla ''banda temperata meridionale'' (''South Temperate Belt'', STB), un'altra banda scura e di rilievo, più significativa della ''banda temperata settentrionale''
(NTB). Fino al marzo [[2000]] le strutture più importanti ospitate nella fascia erano gli ovali bianchi BC, DE ed FA, che hanno manifestato una lunga durata prima di fondersi nell{{'}}''Ovale BA'' (''Oval BA'') o ''Piccola Macchia Rossa''. Gli ovali erano in realtà strutture nate e appartenenti alla ''zona temperata meridionale'' (''South Temperate Zone'', STZ), ma si estendevano nella STB, bloccandola parzialmente.<ref name=Ingersoll1/> La banda temperata meridionale si è affievolita occasionalmente, all'apparenza a causa di complesse interazioni tra gli ovali bianchi e la Grande Macchia Rossa. L'aspetto della zona temperata meridionale è altamente variabile.<ref>{{cita|Rogers|pp. 219–221, 223, 228–229}}, 1995.</ref>

Ci sono numerose altre strutture su Giove che sono o temporanee o di difficile osservazione dalla Terra. La ''regione temperata Sud Sud'' (''South South Temperate Belt'', STB) presenta difficoltà maggiori perfino della NNTR: i suoi dettagli sono sottili e possono essere studiato soltanto con grandi telescopi o da sonde nello spazio.<ref>{{cita|Rogers|p. 235}}, 1995.</ref> Molte zone e bande hanno un carattere transitorio e non sempre sono visibili. Tra queste, la già citata ''banda equatoriale'';<ref name = Rogers2003>{{cita|Rogers ''et al''||Rogers2003}}, 2003.</ref> la ''North Equatorial belt zone'' (una zona Bianca all'interno della banda equatoriale settentrionale) (NEBZ) e la ''South Equatorial belt zone'' (SEBZ).<ref name = Rogers2001>{{cita|Rogers, Metig||Rogers2001}}, 2001.</ref> Le bande vengono anche occasionalmente interrotte da disturbi improvvisi. Quando un disturbo divide una banda o una zona normalmente unitaria, le due componenti sono distinte riferendocisi ad esse come alla componente settentrionale (aggiungendo una ''N'') e a quella meridionale (aggiungendo una ''S''), ad esempio, NEB(N) e NEB(S).<ref>{{cita|Ridpath}}, 1998.</ref>

== Dinamiche ==
La circolazione atmosferica su Giove è marcatamente differente da quella sulla Terra. Gli strati interni di Giove sono fluidi e manca una superficie solida. I moti convettivi, quindi, possono interessare tutto l'involucro esterno del pianeta. Al [[2008]], non è ancora stata sviluppata una teoria in grado di spiegare la dinamica dell'atmosfera gioviana. Ad una tale teoria sarebbe chiesto di spiegare principalmente i seguenti fenomeni: l'esistenza di bande sottili e stabili e di correnti a getto simmetriche rispetto all'equatore; la corrente a getto prograda di notevole intensità presente all'equatore; la differenza tra le zone e le bande; l'origine dei grandi vortici, come la Grande Macchia Rossa.<ref>{{cita|Vasavada|pp. 1942-1974}}, 2005.</ref>

Le teorie esistenti della dinamica dell'atmosfera gioviana possono essere grosso modo divise in due classi:<ref name = 1943Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1943-1945}}, 2005.</ref>
* la prima sostiene che la circolazione osservabile dall'esterno sia confinata ad un sottile strato esterno del pianeta, che sovrasta strati interni più stabili; in [[lingua inglese|inglese]] i modelli che si rifanno a questa ipotesi vengono indicati come ''shallow models'', dove ''shallow'' significa "poco profondo" - in italiano non esiste un termine corrispondente e potremmo chiamare questi modelli ''superficiali''.
* la seconda postula che i flussi atmosferici osservabili siano solo una manifestazione superficiale di una circolazione profondamente radicata nel mantello esterno di idrogeno molecolare; in inglese i modelli che si rifanno a questa ipotesi vengono indicati come ''deep models'', dove ''deep'' significa "profondo". 
Poiché entrambe le teorie hanno i loro pregi e difetti, molti studiosi planetari ritengono in realtà che la teoria che alla fine riuscirà a spiegare l'atmosfera gioviana conterrà elementi di entrambi i modelli.<ref name = Heimpel2005>{{cita|Hiempel ''et al'' ||Hiempel2005}}, 2005.</ref>

=== Modelli superficiali ===
[[File:Jupiter MAD.jpg|thumb|left|Un'immagine negli infrarossi dell'atmosfera gioviana ripresa dal [[Very Large Telescope]] dell'[[European Southern Observatory|ESO]].]]

I primi tentativi di spiegare la dinamica dell'atmosfera gioviana furono condotti negli [[Anni 1960|anni sessanta]] del Novecento.<ref name=1943Vasavada/><ref name = Ingersoll1969>{{cita|Ingersoll ''et al''||Ingersoll1969}}, 1969.</ref> Erano basati parzialmente sulla [[meteorologia]] terrestre, che allora aveva raggiunto un buono sviluppo. I modelli superficiali assumono che le correnti a getto su Giove siano guidate da fenomeni turbolenti di piccola scala, sostenuti a loro volta dai moti convettivi dell'aria umida nello strato esterno dell'atmosfera (sopra le nuvole di vapore acqueo).<ref name=1947Vasavada/><ref name = Ingersoll5>{{cita|Ingersoll|pp. 16-17}}, 2004.</ref> La [[convezione]] dell'aria umida è un fenomeno correlato all'evaporazione e condensazione dell'acqua ed è uno dei principali motori dei fenomeni meteorologici terrestri.<ref name = Ingersoll6>{{cita|Ingersoll|pp. 14-15}}, 2004.</ref> La generazione di correnti a getto in questo modello è correlata ad una proprietà ben nota della [[turbolenza]] bidimensionale, la cosiddetta cascata inversa, in cui piccole strutture turbolente (vortici) si fondono per formarne di più grandi.<ref name = 1947Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1947-1958}}, 2005.</ref> Le dimensioni maggiori delle strutture finali sono limitate dalle dimensioni del pianeta e non possono essere superiori ad una dimensione caratteristica, che per Giove è chiamata [[scala di Rhines]]. La sua esistenza è connessa con la generazione di [[Onda di Rossby|onde di Rossby]]. Quando le strutture turbolente più grandi raggiungono una certa dimensione, ogni altro incremento di energia viene disperso sotto forma di onde di Rossby, la struttura cessa di crescere e la cascata inversa si interrompe.<ref name = 1949Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1949}}, 2005.</ref> Poiché la [[relazione di dispersione]] delle onde di Rossby per un pianeta sferico rapidamente rotante è [[anisotropia|anisotropa]], la scala di Rhines nella direzione parallela all'equatore è maggiore che nella direzione perpendicolare ad esso.<ref name=1949Vasavada/> Il risultato finale del processo descritto è la creazione di strutture allungate e di grandi dimensioni, parallele all'equatore. L'estensione meridionale di queste strutture sembra concordare con la larghezza delle correnti a getto.<ref name=1947Vasavada/> Quindi, nei modelli superficiali i vortici alimentano le correnti a getto e dovrebbero scomparire fondendosi con esse.

I modelli superficiali che prevedono un solo strato in cui sono localizzati i fenomeni meteorologici presentano seri problemi, sebbene possano spiegare con successo l'esistenza di una dozzina di strette correnti a getto.<ref name=1947Vasavada/> Un fallimento lampante del modello è la corrente a getto equatoriale prograda (super rotante): con rare eccezioni, i modelli superficiali producono una forte corrente a getto retrograda (sub-rotante), contraria a quanto osservato. In aggiunta, le correnti a getto tendono ad essere instabili e possono scomparire nel tempo.<ref name=1947Vasavada/> I modelli superficiali non possono spiegare perché i flussi atmosferici su Giove violino i criteri di stabilità.<ref name = 1945Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1945-1947}}, 2005.</ref> Versioni più elaborate di modelli che prevedono più strati in cui localizzare i fenomeni meteorologici producono una circolazione più stabile, ma molti problemi persistono.<ref name = 1962Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1962-1966}}, 2005.</ref>

Quando l'esplorazione diretta dell'atmosfera di Giove della sonda ''Galileo'' rivelò che i venti si estendono anche al di sotto delle nubi di vapore acqueo, localizzate a 5-7 bar di pressione, e che non mostrano alcuna intenzione di affievolirsi neppure a 22 bar di pressione, apparve evidente che la circolazione nell'atmosfera gioviana potesse in effetti essere profonda.<ref name=Ingersoll3/>

=== Modelli profondi ===
[[File:PIA09251 A Look from LEISA, Annotated Version.jpg|thumb|upright=1.2|La sonda New Horizons ha ripreso, il 24 febbraio 2007, questa serie di immagini a diverse lunghezze d'onda nella banda dell'infrarosso dell'atmosfera gioviana.]]

Il modello profondo fu proposto per la prima volta da Friedrich H. Busse nel [[1976]].<ref name = 1966Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1966}}, 2005.</ref><ref name = Busse1976>{{cita|Busse}}, 1976.</ref> Il suo modello è basato su un importante teorema della [[Meccanica dei fluidi]], il [[teorema di Taylor-Proudman]]. Il teorema afferma che in un sistema velocemente rotante, costituito da liquido ideale e barotropico (la cui pressione dipende cioè dalla sola densità), il flusso è organizzato in una serie di cilindri paralleli all'asse di rotazione. Probabilmente i fluidi che costituiscono l'interno di Giove soddisfano le ipotesi del teorema. Il mantello di idrogeno molecolare del pianeta è quindi organizzato in una serie di cilindri, ognuno dei quali caratterizzato da una circolazione indipendente dagli altri.<ref name = 1966-1Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1966-1972}}, 2005.</ref> Le correnti a getto corrispondono alle latitudine a cui i bordi dei cilindri intersecano la superficie visibile del pianeta; i cilindri stessi sono visibili come zone e bande.

Il modello profondo spiega agevolmente la forte corrente a getto prograda osservata all'equatore del pianeta; le correnti a getto che vengono così generate sono stabili e non devono soddisfare i criteri di stabilità bidimensionale.<ref name=1966-1Vasavada/> Presenta tuttavia delle difficoltà: il numero delle correnti a getto teorico è inferiore a quello delle correnti effettivamente osservate e simulazioni tridimensionali complete del flusso non sono realizzabili al 2008 - ciò implica che il modello semplificato che viene utilizzato nelle simulazioni potrebbe non essere in grado di cogliere aspetti importanti della [[fluidodinamica]] del problema.<ref name=1966-1Vasavada/> Tuttavia un modello pubblicato nel [[2004]] è riuscito a riprodurre la struttura delle correnti a getto e delle bande,<ref name=Heimpel2005/> assumendo che il mantello di idrogeno molecolare sia più sottile rispetto a quanto riportato dagli altri modelli presenti in letteratura: il 10% del [[raggio gioviano]], rispetto al 20-30% degli altri modelli.<ref name = 1970Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1970}}, 2005.</ref> Il motore che fornisce l'energia per la circolazione profonda è un altro problema. Infatti, i flussi profondi potrebbero essere causati sia da forze poco profonde (ad esempio la convezione umida) oppure da moti convettivi che interessano tutto il pianeta e che trasportato all'esterno il calore generato all'interno.<ref name=1947Vasavada/> Ancora non è chiaro quale dei due meccanismi sia più importante.

=== Calore endogeno ===
[[File:Thermal emission of Jupiter.jpg|thumb|left|Termografia di Giove ottenuta dalla ''[[Infrared Telescope Facility]]'' della NASA.]]

È noto dal [[1966]]<ref name = Low>{{Cita|Low}}, 1966.</ref> che Giove irradia una quantità di calore maggiore di quella che riceve dal Sole, con un rapporto tra la potenza emessa dal pianeta e quella assorbita dalla radiazione solare stimato in 1,67 ± 0,09. Il flusso di calore proveniente dall'interno di Giove è 5,44 ± 0,43&nbsp;W&nbsp;m<sup>−2</sup>, mentre la potenza complessiva emessa è di 3,35 ± 0,26 × 10<sup>17</sup> W; quest'ultimo valore è approssimativamente equivalente ad un miliardesimo dell'energia complessiva irradiata dal Sole in un secondo. Questo calore è principalmente un relitto del calore primordiale residuato dalla [[formazione di Giove|formazione del pianeta]], anche se alcuni studi sembrano indicare che sia il risultato, almeno in parte, della precipitazione dell'elio verso il [[nucleo (esogeologia)|nucleo planetario]].<ref name = Pearl1990>{{Cita|Pearl|pp. 12-26|Pearl1990}}, 1990.</ref>

Il calore interno rivestirebbe un'importanza basilare per le dinamiche dell'atmosfera gioviana. Infatti, nonostante il pianeta possieda un'inclinazione assiale di appena 3°, ed i poli ricevano un'[[insolazione]] inferiore rispetto a quella presente all'equatore, le temperature rilevate alla troposfera non sembrano differire sostanzialmente tra la regione polare e quella equatoriale. Una possibile spiegazione è che i moti convettivi presenti all'interno del pianeta, innescati dal calore endogeno,<ref name = Ingersoll9>{{cita|Ingersoll|pp. 11, 17-18}}, 2004.</ref> agiscano da "termostato", rilasciando una maggiore quantità di calore ai poli che non all'equatore, determinando questa "omogeneità" nella temperatura troposferica. Dunque, mentre nell'[[atmosfera terrestre]] il calore viene trasportato tramite la [[circolazione atmosferica]], su Giove lo stesso ruolo viene adempiuto dalla convezione profonda.<ref name=Ingersoll9/>

== Strutture estranee all'alternanza delle bande e delle zone ==
=== I vortici ===
[[File:NH Jupiter IR (contrast enhanced).jpg|thumb|Immagine nell'infrarosso dell'atmosfera di Giove ripresa dalla sonda [[New Horizons]].]]

L'atmosfera di Giove ospita centinaia di [[vortice|vortici]] – strutture rotanti circolari che, come nell'atmosfera della Terra, possono essere divisi in due classi: [[ciclone|cicloni]] ed [[anticiclone|anticicloni]];<ref name = 1974Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1974}}, 2005.</ref> i primi ruotano nel verso di rotazione del pianeta ([[Senso orario|antiorario]] nell'emisfero settentrionale ed orario in quello meridionale), mentre i secondi nel verso opposto. Una delle principali differenze dall'[[atmosfera terrestre]] è che su Giove gli anticicloni dominano numericamente sui cicloni, dal momento che il 90% dei vortici con un diametro superiore ai 2000&nbsp;km sono anticicloni.<ref name = 1978Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1978}}, 2005.</ref> La durata dei vortici varia da diversi giorni a centinaia di anni in base alle dimensioni: per esempio, la durata media di anticicloni con diametri compresi tra i 1000 ed i 6000&nbsp;km è di 1–3 anni.<ref name = 1977Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1977}}, 2005.</ref> Non sono mai stati osservati vortici nella regione equatoriale di Giove (entro i 10° di latitudine), dove sarebbero instabili.<ref name = 1976Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1976}}, 2005.</ref> Come accade su ogni pianeta rapidamente rotante, gli anticicloni su Giove sono centri di alta [[pressione]], mentre i cicloni lo sono di bassa pressione.<ref name = 1987Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1987}}, 2005.</ref>

Gli anticicloni, nell'atmosfera gioviana, sono sempre confinati entro le zone, dove la velocità del vento aumenta nella direzione che va dall'equatore ai poli.<ref name=1977Vasavada/> Sono generalmente luminosi ed appaiono come ovali chiari;<ref name=1974Vasavada/> possono variare di longitudine, ma mantengono approssimativamente la stessa latitudine.<ref name=1976Vasavada/> La velocità del vento alla periferia di un vortice raggiunge circa i 100&nbsp;m/s.<ref name=1980Vasavada/> Anticicloni differenti ospitati dalla stessa zona tendono a fondersi, quando si avvicinano l'uno l'altro.<ref>{{cita|Vasavada|p. 1975}}, 2005.</ref> Tuttavia su Giove ci sono due anticicloni che sono in qualche modo differenti da tutti gli altri: la Grande Macchia Rossa<ref name = 1978bVasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1978-1980}}, 2005.</ref> e l'Ovale BA,<ref name = 1980Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1980-1982}}, 2005.</ref> formatosi, quest'ultimo, nel [[2000]]. A differenza degli ovali biancastri, queste strutture sono di colore rosso perché portano in superficie del materiale rosso dalle profondità del pianeta.<ref name=1978bVasavada/> Su Giove gli anticicloni si formano dalla fusione di strutture più piccole, comprese le tempeste convettive (vedi più sotto),<ref name=1977Vasavada/> sebbene grandi ovali possono risultare dalle instabilità delle correnti a getto. Quest'ultimo fenomeno è stato osservato negli anni 1938–1940, quando alcuni ovali biancastri derivarono da instabilità della zona temperata meridionale; in seguito questi ovali si sono fusi formando l'Ovale BA.<ref name=1980Vasavada/><ref name=1977Vasavada/>

A differenza degli anticicloni, i cicloni su Giove tendono ad essere strutture piccole, scure ed irregolari. Alcune delle strutture più scure e regolari sono note come ovali bruni.<ref name=1978Vasavada/> Comunque è stata suggerita l'esistenza di pochi grandi cicloni di lunga durata. In aggiunta ai cicloni compatti, su Giove appaiono diverse grandi pezze filamentose ed irregolari, che ruotano concordemente con i cicloni.<ref name=1974Vasavada/> Una di queste strutture è localizzata ad ovest della Grande Macchia Rossa (nella regione compresa nella sua scia) nella banda equatoriale meridionale.<ref name = 1979Vasavada>{{cita|Vasavada|p. 1979}}, 2005.</ref> Queste pezze sono chiamate regioni cicloniche (CR). I cicloni sono sempre ospitati nelle bande e anch'essi tendono a fondersi quando si incontrano.<ref name=1977Vasavada/>

La struttura in profondità dei vortici non è completamente chiara. Si pensa che siano relativamente sottili, perché ogni spessore superiore ai 500&nbsp;km porterebbe all'instabilità. È noto che i grandi anticicloni si estendono solo poche decine di chilometri al di sotto dello strato nuvoloso visibile. Al [[2008]], la vecchia ipotesi che i vortici siano colonne convettive profonde non è condivisa dalla maggioranza degli [[scienza planetaria|scienziati planetari]].<ref name=1976Vasavada/>

==== La Grande Macchia Rossa ====
{{vedi anche| Grande Macchia Rossa}}
La ''Grande Macchia Rossa'' (''Great Red Spot'', GRS) è un vortice anticiclonico persistente sul bordo meridionale della banda equatoriale meridionale. È una caratteristica superficiale notevolmente stabile, e molte fonti concordano nel dire che è stata continuamente osservata per 300 anni.<ref name="Beebe1" />

[[File:Jupiter Great Red Spot Animation.gif|thumb|left|Animazione della Grande Macchia Rossa.]]

La Grande Macchia Rossa ruota in verso antiorario, con un periodo di sei giorni terrestri,<ref>{{cita|Smith ''et al''|p. 954|Smith}},1979.</ref> corrispondenti a 14 giorni gioviani. Misura 24–40&nbsp;000&nbsp;km da ovest ad est e 12–14&nbsp;000&nbsp;km da sud a nord. La macchia è sufficientemente grande da contenere due o tre pianeti delle dimensioni della Terra. All'inizio del [[2004]], la Grande Macchia Rossa ha approssimativamente la metà dell'estensione longitudinale che aveva un secolo prima, quando misurava 40&nbsp;000&nbsp;km in diametro. All'attuale velocità di riduzione, dovrebbe diventare circolare nel [[2040]], sebbene ciò sia improbabile a causa degli effetti distorsivi delle correnti a getto vicine ad essa.<ref name = Irwin171>{{cita|Irwin|p. 171|Irwin2003}}, 2003.</ref> Non è noto quanto possa durare la macchia o se i cambiamenti osservati siano il risultato di fluttuazioni normali.<ref>{{cita|Beatty}}, 2002.</ref>

Osservazioni nell'[[radiazione infrarossa|infrarosso]] hanno indicato che la Grande Macchia Rossa è più fredda (e quindi, raggiunge altitudini maggiori) della maggior parte delle altre nubi sul pianeta;<ref>{{cita|Rogers|p. 191}}, 1995.</ref> lo strato più alto di nubi della Grande Macchia Rossa svetta di circa 8&nbsp;km dagli strati circostanti. Inoltre, la circolazione antioraria della macchia è attestata dal [[1966]] grazie ad un attento monitoraggio delle strutture atmosferiche gioviane ed è stata confermata dai primi filmati inviati dalle sonde ''Voyager''.<ref>{{cita|Rogers|pp. 194-196}}, 1995.</ref> La macchia è confinata spazialmente da una corrente a getto di modesta entità e diretta verso est (prograda) sul suo confine meridionale e da una corrente a getto molto potente e diretta verso ovest (retrograda) sul suo confine settentrionale.<ref>{{cita|Beebe|p. 35}}, 1997.</ref> Sebbene i venti intorno ai lati della macchia soffino a circa 120&nbsp;m/s (430&nbsp;km/h), le correnti all'interno di essa sembrano stagnanti, con pochi flussi in ingresso o in uscita.<ref>{{cita|Rogers|p. 195}}, 1995.</ref> Il suo periodo di rotazione è diminuito col tempo, forse come conseguenza della costante riduzione nelle dimensioni.<ref>{{Cita web | cognome=Rogers | nome=John | data=30 luglio 2006 | url=http://www.britastro.org/jupiter/2006report09.htm  | titolo=Interim reports on STB (Oval BA passing GRS), STropB, GRS (internal rotation measured), EZ(S. Eq. Disturbance; dramatic darkening; NEB interactions), & NNTB | editore=British Astronomical Association | accesso=15 giugno 2007 |lingua=en}}</ref>

[[File:Evolution of GRS.jpg|thumb|upright=1.2|L'evoluzione recente della Grande Macchia Rossa ripercorsa attraverso le immagini inviate da diverse sonde della NASA.]]

La latitudine della Grande Macchia Rossa è rimasta stabile per tutta la durata di tempo per cui sono disponibili osservazioni attendibili, variando tipicamente entro un grado. La sua [[longitudine]], tuttavia, varia costantemente.<ref>{{cita|Reese, Gordon||Reese}}, 1966.</ref><ref>{{cita|Rogers|pp. 192-193}}, 1995.</ref> Poiché Giove non ruota uniformemente a tutte le latitudini (presenta infatti una [[rotazione differenziale]] come anche gli altri [[gigante gassoso|giganti gassosi]]), gli astronomi hanno definito tre differenti sistemi per definirne la latitudine. Il II sistema era usato per le latitudini superiori ai 10° ed era originariamente basato sulla velocità media di rotazione della Grande Macchia Rossa, pari a 9h&nbsp;55m&nbsp;42s.<ref>{{cita|Stone}}, 1974.</ref><ref>{{cita|Rogers|pp. 48, 193}}, 1995.</ref> Nonostante ciò, la macchia ha doppiato il pianeta nel II sistema almeno 10 volte dai primi dell'[[XIX secolo|Ottocento]]. La sua velocità di deriva è cambiata drammaticamente negli anni ed è stata correlata alla luminosità della banda equatoriale meridionale (SEB) ed alla presenza o assenza di un disturbo tropicale meridionale (STrD).<ref>{{cita|Rogers|p. 193}}, 1995.</ref>

Non è ancora noto cosa determini la colorazione rossa della macchia. Alcune teorie supportate da dati sperimentali suggeriscono che il colore possa essere causato da complesse molecole organiche, fosforo rosso o un composto dello zolfo. La Grande Macchia Rossa varia notevolmente in gradazione, dal [[rosso mattone]] al [[Salmone (colore)|salmone pastello]], ed anche al [[bianco]]. La macchia scompare occasionalmente, rimanendo evidente soltanto per il buco (''Red Spot Hollow'') che è la sua nicchia nella banda equatoriale meridionale (SEB). La visibilità della Grande Macchia Rossa è apparentemente accoppiata con l'aspetto della banda equatoriale meridionale: quando la banda è di un bianco brillante, la macchia tende ad essere scura; quando la banda è di colore scuro, la macchia è abitualmente luminosa. I periodi in cui la macchia è scura o luminosa si ripetono con intervalli irregolari: ad esempio la macchia era scura nel [[1997]], e nei cinquant'anni precedenti, nei periodi compresi tra 1961–66, 1968–75, 1989–90 e 1992–93.<ref name = "Beebe1">{{cita|Beebe|pp. 38-41}}, 1997.</ref>

La Grande Macchia Rossa non deve essere confusa con la ''Grande Macchia Scura'' (''Great Dark Spot''), una struttura osservata nel [[2000]] in prossimità del polo nord del pianeta dalla sonda ''[[Missione spaziale Cassini-Huygens|Cassini]]''.<ref>{{Cita web | nome=Tony | cognome=Phillips | titolo=The Great Dark Spot | editore=Science@NASA | data=12 marzo 2003 | url=http://science.nasa.gov/headlines/y2003/12mar_darkspot.htm | accesso=20 giugno 2007 | lingua=en | dataarchivio=15 giugno 2007 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20070615100054/http://science.nasa.gov/headlines/y2003/12mar_darkspot.htm | urlmorto=sì }}</ref> Va notato che anche una struttura atmosferica di [[Nettuno (astronomia)|Nettuno]] è chiamata [[Grande Macchia Scura]]. Quest'ultima fu osservata dalla sonda ''[[Voyager 2]]'' nel [[1989]] e potrebbe trattarsi di un buco nell'atmosfera del pianeta piuttosto che di una tempesta; inoltre non è stata osservata nel [[1994]] (sebbene una macchia simile sia apparsa più a nord).<ref>{{cita|Hammel ''et al''||Hammel}}, 1995.</ref>

==== L'Ovale BA ====
{{vedi anche|Ovale BA}}
[[File:Redjunior.jpg|thumb|upright=1.2|left|L'Ovale BA (a sinistra).]]

''Ovale BA'' (''Oval BA'') è il nome ufficiale di una tempesta di colore rosso nell'emisfero meridionale di Giove, simile in forma alla Grande Macchia Rossa, sebbene più piccola nelle dimensioni. Conseguentemente è spesso chiamata la ''Piccola Macchia Rossa''.<ref name=LRS/> La struttura, appartenente alla banda temperata meridionale, è stata osservata per la prima volta nel [[2000]] quando si è formata dalla collisione di tre piccole [[Macchia Ovale Bianca|tempeste ovali biancastre]] e da allora è sempre andata intensificandosi.<ref name = "San-Lav">{{cita|Sanchez-Lavega ''et al.''||Sanchez2001}}, 2001.</ref>

La formazione dei tre ovali biancastri che poi si sono fusi nell'Ovale BA può essere tracciata indietro fino al [[1939]], quando la zona temperata meridionale è stata interessata da fenomeni che hanno condotto alla formazione di strutture scure che hanno in effetti separato la zona stessa in tre lunghe sezioni. Elmer J. Reese durante le sue osservazioni di Giove denominò le sezioni scure AB, CD ed EF. Le spaccature si espansero, strozzando i segmenti rimanenti della zona temperata meridionale in tre ovali biancastri, denominati FA, BC e DE.<ref>{{cita|Rogers|p. 223}}, 1995.</ref> Questi ultimi due si sono fusi nel [[1998]], formando l'Ovale BE. Successivamente, nel marzo del [[2000]], BE ed FA si sono fusi anch'essi, formando l'Ovale BA.<ref name="San-Lav"/> (vedi [[#ovale biancastro|ovali biancastri]], sotto)

[[File:Oval BA (Hubble).jpg|thumb|Formazione dell'Ovale BA da tre ovali biancastri precedenti.]]

L'Ovale BA ha iniziato lentamente a colorarsi di rosso nell'agosto del [[2005]].<ref name = go>{{cita|Go ''et al''||Go}}, 2006.</ref> Il 24 febbraio [[2006]], l'astrofilo filippino Christopher Go ha scoperto che l'ovale aveva cambiato colore, notando che aveva raggiunto la stessa colorazione della Grande Macchia Rossa.<ref name=go/> Conseguentemente, il Dr. Tony Phillips della [[NASA]] ha suggerito di chiamarlo "Red Spot Jr." o "Red Jr" ("Macchia Rossa Junior" o "Rossa Junior")<ref>{{Cita web |titolo=Jupiter's New Red Spot |cognome=Phillips |nome=Tony |editore=NASA |data=3 marzo 2006 |url=http://science.nasa.gov/headlines/y2006/02mar_redjr.htm |accesso=16 ottobre 2008 |lingua=en |dataarchivio=19 ottobre 2008 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20081019024917/http://science.nasa.gov/headlines/y2006/02mar_redjr.htm |urlmorto=sì }}</ref>

Nell'aprile del [[2006]] un gruppo di astronomi, credendo che ci sarebbe stata una convergenza tra l'Ovale BA e la Grande Macchia Rossa, programmarono delle osservazioni con il [[Telescopio spaziale Hubble]].<ref name = Tony>{{Cita web|cognome=Phillips|nome=Tony|data=5 giugno 2006|url=http://science.nasa.gov/headlines/y2006/05jun_redperil.htm|titolo=Huge Storms Converge|editore=Science@NASA|accesso=8 gennaio 2007|lingua=en|dataarchivio=26 marzo 2012|urlarchivio=https://www.webcitation.org/66RkX5pp8?url=http://science.nasa.gov/science-news/science-at-nasa/2006/05jun_redperil/|urlmorto=sì}}</ref> Le tempeste si oltrepassano l'un l'altra ogni due anni; gli incontri del [[2002]] e del [[2004]] non avevano comunque prodotto nulla di interessante. La dottoressa Amy Simon-Miller del ''[[Goddard Space Flight Center]]'', predisse che le due tempeste avrebbero raggiunto il massimo avvicinamento il 4 luglio [[2006]].<ref name=Tony/> Il 20 luglio, le due tempeste furono fotografate dall'[[Osservatorio Gemini]] mentre transitavano l'una accanto all'altra senza convergere.<ref>{{Cita web| nome=Peter | cognome=Michaud | titolo=Gemini Captures Close Encounter of Jupiter's Red Spots | editore=Gemini Observatory | data=20 luglio 2006 | url=http://www.gemini.edu/index.php?option=content&task=view&id=196 | accesso=15 giugno 2007 |lingua=en}}</ref>

[[File:Three Red Spots Mix it Up on Jupiter.jpg|thumb|left|upright=1.3|L'Ovale BA (in basso), la Grande Macchia Rossa (in alto) e la "Macchia Rossa Neonata" (nel mezzo) durante un rapido incontro nel giugno del [[2008]].]]

Il perché l'Ovale BA sia diventato rosso non è totalmente chiaro. Secondo uno studio pubblicato dal Dr Santiago Pérez-Hoyos dell'Università dei Paesi Baschi nel [[2008]], il meccanismo responsabile più probabile potrebbe essere "una diffusione verso l'alto e verso l'interno o di un composto colorato, oppure di un vapore in grado di fungere da rivestimento e che potrebbe interagire in futuro con i fotoni solari ad alta energia ai livelli superiore dell'Ovale BA".<ref name = basque>{{Cita web|titolo=Diffusion Caused Jupiter's Red Spot Junior To Color Up|data=26 settembre 2008 |editore=ScienceDaily |url=https://www.sciencedaily.com/releases/2008/09/080922100452.htm |accesso=16 ottobre 2008 |lingua=en}}</ref>

L'Ovale BA sta diventando più forte, secondo le osservazioni eseguite con il Telescopio spaziale Hubble nel [[2007]]. La velocità del vento ha raggiunto i 618&nbsp;km/h; quasi la stessa che nella Grande Macchia Rossa e molto più alta di quella che era stata registrata nelle tempeste progenitrici.<ref name = LRS>{{Cita web|lingua=en |titolo=Jupiter's Little Red Spot Growing Stronger|cognome=Steigerwald |nome=Bill|editore=NASA Goddard Space Center|data=10 ottobre 2006 |url=https://www.nasa.gov/centers/goddard/news/topstory/2006/little_red_spot.html |accesso=21 gennaio 2009}}</ref><ref>{{Cita web |titolo=Storm Winds Blow in Jupiter's Little Red Spot |autore=Buckley, M. |url=http://www.jhuapl.edu/newscenter/pressreleases/2008/080520.asp |data=20 maggio 2008 |editore=Johns Hopkins Applied Physics Laboratory |accesso=16 ottobre 2008 |lingua=en |urlarchivio=https://www.webcitation.org/66RkYxIae?url=http://www.jhuapl.edu/newscenter/pressreleases/2008/080520.asp |dataarchivio=26 marzo 2012 |urlmorto=sì }}</ref> Al luglio del [[2008]] ha raggiunto una lunghezza pari quasi al diametro della Terra, approssimativamente la metà delle dimensioni della Grande Macchia Rossa.<ref name=basque/>

L'Ovale BA non dovrebbe essere confuso con un'altra tempesta maggiore di Giove, la Macchia Rossa Neonata ("Baby Red Spot") che è diventata rossa nel maggio del [[2008]].<ref>{{Cita web |nome=David |cognome=Shiga |titolo=Third red spot erupts on Jupiter |editore=New Scientist |data=22 maggio 2008 |url=http://space.newscientist.com/article/dn13963-third-red-spot-erupts-on-jupiter.html |accesso=23 maggio 2008 |lingua=en |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20080705223517/http://space.newscientist.com/article/dn13963-third-red-spot-erupts-on-jupiter.html# |dataarchivio=5 luglio 2008 |urlmorto=sì }}</ref> Quest'ultima si è formata approssimativamente alla stessa latitudine della Grande Macchia Rossa a cui si è avvicinata nel tardo giugno – inizio luglio dello stesso anno, venendo frantumata e poi assorbita dalla più grande compagna.<ref name = Rogers2008>{{Cita web|lingua=en |titolo=The collision of the Little Red Spot and Great Red Spot: Part 2|editore=British Astronomical Association|data=8 agosto 2008|cognome=Rogers |nome=John H.| url=http://www.britastro.org/jupiter/2008report05.htm|accesso=29 novembre 2008}}</ref> Durante questo incontro, l'Ovale BA era nelle vicinanze, ma non sembra che abbia svolto alcun ruolo nella distruzione della Macchia Rossa Neonata.<ref name=Rogers2008/>

=== Cicloni circumpolari ===
[[File:JIRAM Image Southern CPCs.jpg|thumb|Immagine dei cicloni circumpolari meridionali rispresi nell'infrarosso con la fotocamera JIRAM della sonda ''[[Juno (sonda spaziale)|Juno]]''.]]

Ai poli del pianeta sono presenti due vortici polari, chiamati rispettivamente ''ciclone polare settentrionale'' (''Northern Polar Cyclone'', NPC) e ''ciclone polare meridionale'' (''Southern Polar Cyclone'', SPC). Questi sono a loro volta circondati da due sistemi ciclonici circumpolari (''circumpolar cyclones'', CPC), osservati dalla sonda ''[[Juno (sonda spaziale)|Juno]]'' della NASA, in [[orbita polare]] attorno al pianeta dall'ottobre del 2016.<ref name=Adriani>{{Cita|A. Adriani ''et al''.||Adriani2018}}, 2018.</ref> I poli di Giove non sono direttamente osservabili dalla Terra, per ragioni prospettiche. Il periodo di osservazioni di tali strutture, dunque, coincide con la permanenza in orbita della missione ''Juno'' stessa.<ref name=Adriani/> Inoltre, fattori di illuminazione rendono più difficoltosa per ''Juno'' l'osservazione dei cicloni settentrionali rispetto a quelli meridionali.<ref name=Adriani/> 

Dalle osservazioni acquisite tra il 2016 e il 2018 è stato appreso che i cicloni polari settentrionale e meridionale sono circondati, rispettivamente, da otto e da cinque cicloni circumpolari.<ref name=Tabataba2020>{{Cita|F. Tabataba-Vakili ''et al''.||Tabataba2020}}, 2020.</ref> I cicloni circumpolari settentrionali sono più piccoli, con un diametro compreso tra {{tutto attaccato|4 000 e {{M|4600|u=km}}}}, mentre quelli meridionali hanno un diametro compreso tra {{tutto attaccato|5 600 e {{M|7000|u=km}}}}. I cicloni circumpolari settentrionali sembrano caratterizzati da una maggiore stabilità nella forma e nella posizione relativa, mentre quelli meridionali, investiti da venti più veloci (con una velocità compresa all'incirca tra 80 e {{M|90|u=m/s}}), sono più mobili, pur mantenendo una configurazione pentagonale rispetto al polo.<ref name=Adriani/> I fenomeni osservati possono essere descritti attraverso la teoria dei vortici congelati,<ref name=Tabataba2020/> in cui elementi con [[vorticità]] concentrata (i vortici) dispersi in un mezzo con minore vorticità si organizzano in una configurazione a [[Reticolo di Bravais|reticolo]], alla quale corrisponde un minimo dell'energia del sistema.<ref>{{cita web |lingua=en |titolo=Vortex Motion Driven by a Background Vorticity Gradient |autore=Dan Dubin |editore=Physics Department of the University of California, San Diego|url=https://dhdpla.physics.ucsd.edu/vortex_cryst.html |accesso=5 gennaio 2021}}</ref>

=== Tempeste e fulmini ===
[[File:Jupiter lightnings.jpg|thumb|left|upright=1.5|Lampi sul lato notturno di Giove ripresi dalla sonda Galileo nel 1997. ''NASA'']]

Le tempeste su Giove sono simili ai [[temporale|temporali]] sulla Terra. Si presentano come ammassi luminosi di nuvole dalle dimensioni di circa 1000&nbsp;km, che appaiono di volta in volta nelle regioni cicloniche delle bande, specialmente all'interno delle forti correnti a getto retrograde (dirette verso ovest).<ref name = 1982Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1982, 1985–1987}}, 2005.</ref> A differenza dei vortici, le tempeste sono fenomeni di breve durata, la più forte delle quali può durare per diversi mesi, mentre la durata media è di solo 3–4 giorni.<ref name=1982Vasavada/> Si ritiene che siano dovute ai moti convettivi dell'aria umida nella troposfera gioviana. Le tempeste sono in effetti alte colonne convettive che portano aria umida dalle profondità della troposfera ai suoi strati superiori, dove condensa in nuvole. L'estensione tipica di una tempesta gioviana è di circa 100&nbsp;km, dal momento che si estendono dai circa 5–7&nbsp;bar di pressione fino a 0,2–0,5&nbsp;bar.<ref name=Sanchez-Lavega2008/>

Le tempeste su Giove sono sempre associate a [[fulmine|fulmini]]. Le immagini dell'emisfero notturno del pianeta raccolte dalle sonde ''Galileo'' e ''Cassini'' mostrano lampi con regolarità, particolarmente alle latitudini 51° N, 56° S e 23° N; i due angoli di latitudine maggiori corrispondono a zone in prossimità delle correnti a getto dirette verso ovest.<ref name = 1983Vasavada>{{cita|Vasavada|pp. 1983-1985}}, 2005.</ref> I fulmini su Giove sono in media molto più potenti che quelli sulla Terra, tuttavia avvengono con minore frequenza e quindi complessivamente il livello medio della potenza luminosa emessa dai fulmini sui due pianeti è confrontabile.<ref name=1983Vasavada/> Pochi lampi sono stati rilevati nelle regioni polari; ciò fa di Giove il secondo pianeta, dopo la Terra, su cui sono stati rilevati fulmini polari.<ref name = Baines2007>{{cita|Baines ''et al''||Baines2007}}, 2007.</ref>

Ogni 15–17 anni Giove è scosso da tempeste particolarmente potenti: esse appaiono a 23° N di latitudine, in corrispondenza della più forte corrente a getto diretta verso est. L'ultimo episodio del fenomeno è stato osservato nei mesi compresi tra marzo e giugno del [[2007]].<ref name=Sanchez-Lavega2008/> Due tempeste apparvero nella banda temperata settentrionale a 55° gradi in [[longitudine]] l'una dall'altra e la disturbarono significativamente: il materiale scuro che fu versato dalle tempeste si mescolò con le nubi e ne cambiò il colore. Conseguentemente tutta la banda apparve di un altro colore. Le tempeste si muovevano con una velocità di 170&nbsp;m/s, leggermente più veloci delle correnti a getto stesse, suggerendo l'esistenza di forti venti nelle profondità dell'atmosfera gioviana.<ref name = Sanchez-Lavega2008>{{cita|Sanchez-Lavega ''et al.''||Sanchez2008}}, 2008.</ref>

=== I disturbi ===
La normale alternanza delle bande e delle zone è a volte interrotta per un dato periodo di tempo. Una particolare classe di interruzioni è rappresentata da oscuramenti di lunga durata della zona tropicale meridionale, a cui ci si riferisce abitualmente come ai "disturbi tropicali meridionali" (''South Tropical Disturbances'', STrD). Il più lungo di questi disturbi di cui si ha memoria storica è avvenuto tra il [[1901]] ed il [[1939]], osservato per primo da [[Percy B. Molesworth]] il 28 febbraio [[1901]]. Assunse la forma di un oscuramento della zona tropicale meridionale, abitualmente brillante. Da allora sono stati registrati diversi episodi simili della stessa zona.<ref>{{cita|McKim}}, 1997.</ref>

==== Il disturbo della SEB ====
{{doppia immagine|right|Jupiter on 2009-07-23 (captured by the Hubble Space Telescope).jpg|150|Jupiter on 2010-06-07 (captured by the Hubble Space Telescope).jpg|150|6=<div align="center">2009</div>|7=<div align="center">2010</div>}}

Un particolare fenomeno interessa la ''South Equatorial Belt'' (SEB, banda equatoriale meridionale) ed è noto come ''disturbo della SEB''.<ref>{{Cita web|url=http://www.planetary.org/blog/article/00002477/|titolo=Jupiter loses a belt|editore=The Planetary Society Blog|autore=Emily Lakdawalla|accesso=12 aprile 2010|dataarchivio=13 maggio 2010|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100513190617/http://planetary.org/blog/article/00002477|urlmorto=sì}}</ref>

A intervalli irregolari di 3-15 anni la fascia, normalmente ben visibile poco a nord della GRS, assume una colorazione biancastra, rendendosi indistinguibile dalle chiare zone circostanti, per poi tornare otticamente individuabile nel giro di poche settimane o mesi.<ref>{{Cita web|url=http://www.astroperinaldo.it/blog/il-cielo-di-notte/la-banda-scomparsa-giove/|titolo=La banda scomparsa su Giove.|accesso=25 maggio 2010}}</ref>

[[File:Jupiter equatorial hot spot.jpg|thumb|left|Immagine in colori reali (sopra) e falsi colori (sotto) di un ''hot spot'' equatoriale.]]

Tale fenomeno si è verificato per l'ultima volta nel [[2010]], ma era già stato riscontrato nel [[1973]], quando la [[Pioneer 10]] compì un sorvolo ravvicinato del pianeta, e nel [[1991]]. La causa del fenomeno è attribuita alla momentanea sovrapposizione con la banda di alcuni strati nuvolosi, che normalmente sono assenti da questa regione.<ref>{{Cita web|titolo=Jupiter loses a stripe|url=https://www.newscientist.com/article/dn18889-jupiter-loses-a-stripe.html|accesso=25 maggio 2010}}</ref>

=== Festoni (''hot spots'') ===
Una delle caratteristiche più misteriose dell'atmosfera di Giove è costituita dai "festoni", in inglese ''hot spots''. Si tratta di regioni relativamente prive di nubi dalle quali il calore interno può essere emesso liberamente senza essere assorbito dalla copertura nuvolosa. Devono il loro nome anglofono al fatto che, alle osservazioni nell'infrarosso (λ=5&nbsp;µm), appaiono come delle macchioline brillanti.<ref name=1987Vasavada/> Si localizzano preferenzialmente nelle bande, anche se è stato osservato un insieme di prominenti formazioni nel bordo settentrionale della Zona Equatoriale. Ad ogni festone è associato un brillante pennacchio nuvoloso, posto in genere nella porzione occidentale della formazione, che raggiunge dimensioni anche di 10&nbsp;000&nbsp;km.<ref name=Ingersoll1/> Gli ''hot spots'' di norma possiedono un aspetto rotondeggiante, difficili da confondere con i vortici.<ref name=1987Vasavada/>

L'origine di questi festoni non è chiara: potrebbe trattarsi di correnti discendenti, in cui l'aria in discesa viene scaldata adiabaticamente ed asciugata oppure, in alternativa, potrebbero essere una manifestazione di onde a scala planetaria; quest'ultima ipotesi spiega i pattern periodici assunti dai festoni equatoriali.<ref name=Ingersoll1/><ref name=1987Vasavada/>

== Storia osservativa ==
{{vedi anche|Osservazione di Giove|Esplorazione di Giove}}
[[File:790106-0203 Voyager 58M to 31M reduced.gif|thumb|Sequenza di avvicinamento della ''[[Voyager 1]]'' a Giove.]]

I primi astronomi utilizzarono piccoli telescopi e le loro capacità osservative per registrare i cambiamenti d'aspetto dell'atmosfera gioviana.<ref name=Ingersoll8/> I termini descrittivi che allora introdussero - bande, zone, macchie rosse e brune, ovali, festoni - sono ancora in uso.<ref>{{cita|Ingersoll|p. 2}}, 2004.</ref> Altri termini - come vorticità, moto verticale e altezza delle nubi - sono entrati in uso successivamente, nel ventesimo secolo.<ref name=Ingersoll8/>

Le prime osservazioni dell'atmosfera gioviana ad una risoluzione maggiore rispetto a quella possibile per osservazioni da terra, furono condotte dalle [[sonda spaziale|sonde]] ''[[Pioneer 10]]'' e [[Pioneer 11|11]]. Le prime immagini dettagliate dell'atmosfera furono comunque raccolte grazie alle sonde ''[[Programma Voyager|Voyager]]''.<ref name=Ingersoll8/> Le due sonde risolsero dettagli di 5&nbsp;km di dimensione in varie lunghezze spettrali e permisero di realizzare i primi filmati di avvicinamento al pianeta, in grado di mostrare anche il moto dell'atmosfera.<ref name=Ingersoll8/> La sonda ''[[Sonda Galileo|Galileo]]'' coprì un'area inferiore dell'atmosfera di Giove, ma ad una risoluzione ancora migliore ed a una ampiezza di banda [[Spettro elettromagnetico|spettrale]] maggiore.<ref name=Ingersoll8/>

La sonda ''Galileo'' inoltre trasportò sul pianeta una sonda atmosferica che penetrò negli strati superiori raggiungendo una grande profondità, corrispondente a 22 bar di pressione. La sonda misurò la velocità dei venti, la temperatura, la composizione, l'estensione dello strato nuvoloso ed il livello di radiazioni, finché non cessò di trasmettere, schiacciata dalla elevata pressione esterna. I dati allora raccolti hanno contribuito notevolmente ad ampliare la nostra conoscenza dell'atmosfera gioviana, poiché i telescopi e le sonde in orbita intorno al pianeta non sono comunque in grado di rilevare cosa accade al di sotto di 1 bar di pressione.<ref name=Ingersoll8/> Successivamente, sono state condotte osservazioni ad alta risoluzione della sommità delle nubi durante i sorvoli del pianeta da parte delle sonde ''[[Missione spaziale Cassini-Huygens|Cassini]]'' e ''[[New Horizons]]'', rispettivamente nel [[2000]] e nel [[2007]].

Oggi, gli astronomi hanno accesso ad un continuo monitoraggio dell'attività dell'atmosfera gioviana condotto da telescopi a terra e nello spazio, come il Telescopio spaziale Hubble. È stato così scoperto non solo che l'atmosfera è occasionalmente interessata da grandi disturbi, ma anche che essa è notevolmente stabile.<ref name=Ingersoll8/> Il moto verticale dell'atmosfera gioviana era stato già determinato dall'identificazione di gas traccianti con telescopi da terra.<ref name=Ingersoll8/> Studi [[Spettroscopia|spettroscopici]] condotti dopo la collisione della [[cometa Shoemaker-Levy 9]] permisero di dare uno sguardo alla composizione del pianeta sotto lo strato nuvoloso. Fu così rivelata per la prima volta la presenza su Giove di [[zolfo]] diatomico (S<sub>2</sub>) e [[solfuro di carbonio]] (CS<sub>2</sub>) (è stata solo la seconda volta che si è rilevato lo zolfo diatomico su un oggetto celeste), oltre che la presenza di altre molecole come [[ammoniaca]] (NH<sub>3</sub>) e [[acido solfidrico]] (H<sub>2</sub>S); mentre non fu rivelata la presenza di [[Composto chimico|composti]] dell'[[ossigeno]], come l'[[Diossido di zolfo|anidride solforosa]] (SO<sub>2</sub>), generando sorpresa tra gli astronomi.<ref name = "McGrath">{{Cita pubblicazione | cognome = Noll | nome = K.S. | coautori = McGrath, M.A.; Weaver, H.A.; Yelle, R.V.; Trafton, L.M.; Atreya, S.K.; Caldwell, J.J.; Barnet, C.; Edgington, S. | anno = 1995 | mese=marzo| titolo = HST Spectroscopic Observations of Jupiter Following the Impact of Comet Shoemaker-Levy 9 | rivista = Science | volume = 267 | numero = 5202 | pp = 1307-1313 | doi = 10.1126/science.7871428 | lingua = en |url = https://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/267/5202/1307 | accesso=24 agosto 2008}}</ref>

=== Studi sulla Grande Macchia Rossa ===
[[File:Jupiter from Voyager 1.jpg|thumb|left|Vista della Grande Macchia Rossa di Giove e dei suoi dintorni ripresa dalla [[Voyager 1]] il 25 febbraio [[1979]], quando la sonda si trovava a circa 9 milioni di chilometri di distanza. L'immagine mostra dettagli grandi circa 160 chilometri. La regione colorata e piena di onde a sinistra della Macchia Rossa è sede di moti straordinariamente complessi. L'ovale bianco subito sotto la Macchia Rossa ha le stesse dimensioni della Terra.]]

Il primo avvistamento della Grande Macchia Rossa è spesso accreditato a [[Robert Hooke]], che descrisse una macchia su Giove nel maggio [[1664]]; tuttavia, è probabile che la macchia di Hooke fosse nella banda sbagliata (la banda equatoriale settentrionale, rispetto alla posizione attuale nella banda equatoriale meridionale). Più convincente risulta la descrizione di [[Giovanni Cassini]] di una "macchia permanente", fornita l'anno seguente.<ref>{{cita|Rogers|p. 6}}, 1995.</ref> Con fluttuazioni nella visibilità, la macchia di Cassini fu osservata dal [[1665]] al [[1713]].<ref>{{cita|Rogers|pp. 111-112|Rogers2008}}, 2008.</ref>

Un mistero minore è relativo ad una macchia gioviana ritratta nel [[1711]] in un dipinto da [[Donato Creti]], esposta nella [[Pinacoteca vaticana]].<ref name = Rogers188>{{cita|Rogers|p. 188}},1995.</ref><ref name = "Hockey1">{{cita|Hockey|pp. 40-41|Hockey1999}}, 1999.</ref> Il dipinto è parte di una serie di pannelli in cui differenti corpi celesti (ingranditi) fanno da sfondo a varie scene italiane; la creazione dei quali è stata supervisionata dall'astronomo [[Eustachio Manfredi]] per garantirne l'accuratezza. Il dipinto di Creti è la prima rappresentazione conosciuta a riportare la Grande Macchia Rossa di colore rosso. Nessuna struttura gioviana era stata descritta di quel colore prima del tardo ottocento.<ref name="Hockey1"/>

La Grande Macchia Rossa attuale fu vista solo dopo il [[1830]] e ben studiata solo dopo un'apparizione di rilievo del [[1879]]. Un salto di 118 anni separa le osservazioni del [[1830]] dalla sua scoperta, nel [[XVII secolo]]; non è noto se la macchia originaria si sia dissolta e poi ricostituita, se sia sbiadita, o anche se i resoconti delle osservazioni furono semplicemente di scarsa qualità.<ref name="Beebe1" /> Le macchie più vecchie ebbero una storia osservativa più breve ed un moto più lento rispetto alla macchia attuale e ciò rende la loro identificazione incerta.<ref name=Rogers188/>

Il 25 febbraio [[1979]], quando la ''[[Voyager 1]]'' era a 9,2 milioni di km da Giove, trasmise a Terra la prima immagine dettagliata della Grande Macchia Rossa. Erano riconoscibili dettagli nuvolosi delle dimensioni minime di 160&nbsp;km. Il colorato motivo ondoso delle nuvole ad ovest (sinistra) della Grande Macchia Rossa è la regione di coda della macchia, dove sono osservabili moti nuvolosi estremamente complessi e variabili.<ref>{{cita|Smith ''et al''|pp. 951-972|Smith}}, 1979.</ref>

=== Ovali biancastri ===
[[File:Whiteovals.jpg|thumb|Gli ovali biancastri da cui avrebbe avuto poi origine l'Ovale BA, ripresi dalla sonda Galileo nel 1997.]]

Gli ovali biancastri che in seguito sarebbero diventati l'Ovale BA si sono formati nel [[1939]]. Al momento della loro formazione coprivano quasi 90° di longitudine, ma si contrassero rapidamente nel decennio seguente, stabilizzandosi ad una lunghezza di 10° o meno dopo il [[1965]].<ref name = "Rogers3">{{cita|Rogers|pp. 224-5}}, 1995.</ref>

Sebbene all'origine fossero frammenti della zona temperata meridionale (STZ), evolsero fino ad essere completamente inclusi nella banda temperata meridionale (STB); ciò suggerisce che si spostarono verso nord, ritagliandosi una nicchia nella banda.<ref>{{cita|Rogers|pp. 226-227}}, 1995.</ref> Infatti, in modo assai simile alla Grande Macchia Rossa, la loro circolazione era confinata da due correnti a getto opposte, diretta verso est sui bordi settentrionali e retrograda verso ovest su quelli meridionali.<ref name="Rogers3"/>

Lo spostamento longitudinale degli ovali sembrava essere influenzato da due fattori: la posizione del pianeta sulla sua [[orbita]] - diventando più veloci in corrispondenza dell'[[afelio]] - e la vicinanza alla Grande Macchia Rossa - accelerando quando erano entro 50° dalla Macchia.<ref>{{cita|Rogers|p. 226}}, 1995.</ref> La tendenza generale fu una diminuzione della velocità di deriva degli ovali, con un suo dimezzamento tra gli anni [[1940]] e [[1990]].<ref>{{cita|Rogers|p. 225}}, 1995.</ref>

Durante i [[Sorvolo ravvicinato|sorvoli]] delle sonde ''Voyager'', gli ovali si estendevano per circa 9000&nbsp;km da est ad ovest, 5000&nbsp;km da nord a sud e completavano una rotazione ogni cinque giorni (per confronto, la Grande Macchia Rossa la completava in sei).<ref>{{cita|Beebe|p. 43}}, 1997.</ref>

== Note ==
;Note al testo
<references group="N"/>
;Fonti
{{Note strette}}

== Bibliografia ==
=== Titoli generali ===
* {{cita libro | nome=Albrecht |cognome=Unsöld | titolo=The New Cosmos | editore=Springer-Verlag | città=New York | anno=1969| lingua=en }}
* {{cita libro | cognome= Shipman| nome= H. L. | titolo= L'Universo inquieto. Guida all'osservazione a occhio nudo e con il telescopio. Introduzione all'astronomia| editore= Zanichelli| città= Bologna | anno= 1984| isbn= 88-08-03170-5}}
* {{cita libro | nome = Stephen | cognome = Hawking | titolo=A Brief History of Time | url = https://archive.org/details/briefhistoryofti0000hawk | wkautore = Stephen Hawking | anno=1988 | editore=Bantam Books | isbn=0-553-17521-1 | lingua=en }}
* {{cita libro | cognome= Reeves| nome= H. | titolo= L'evoluzione cosmica| editore= [[Rizzoli]]–BUR| città= Milano | anno= 2000| isbn= 88-17-25907-1}}
* {{cita libro | cognome= AA.VV | titolo= L'Universo - Grande enciclopedia dell'astronomia| editore= De Agostini| città= Novara | anno= 2002}}
* {{cita libro | cognome= Gribbin| nome= J. | titolo= Enciclopedia di astronomia e cosmologia| url= https://archive.org/details/enciclopediadias0000unse| editore= Garzanti| città= Milano | anno= 2005| isbn= 88-11-50517-8}}
* {{cita libro | cognome= Owen| nome= W. | coautori= et al| titolo= Atlante illustrato dell'Universo| editore= Il Viaggiatore| città= Milano | anno= 2006| isbn= 88-365-3679-4}}
* {{cita libro| autore= M. Rees| titolo = Universo. Dal big bang alla nascita dei pianeti. Dal sistema solare alle galassie più remote| anno= 2006 |pagine=512| città= Milano| editore= Mondadori Electa }}

=== Titoli specifici ===
==== Sul sistema solare ====
* {{cita libro| autore= [[Margherita Hack|M. Hack]]| titolo= Alla scoperta del sistema solare |anno= 2003| pagine= 264| editore= Mondadori Electa| città = Milano}}
* {{cita libro| titolo= In viaggio nel sistema solare. Un percorso nello spazio e nel tempo alla luce delle ultime scoperte| autore= F. Biafore |anno= 2008| pagine= 146| editore= Gruppo B}}
* {{cita libro| titolo= Encyclopedia of the Solar System | autore= Vari |anno= 2006| pagine= 412| editore= Gruppo B| isbn= 0-12-088589-1| lingua= en}}

==== Sul pianeta ====
* {{cita libro | autore = Bertrand M. Peek | anno=1981 | titolo=The Planet Jupiter: The Observer's Handbook  | url = https://archive.org/details/planetjupiter00peek | editore=Faber and Faber Limited | città=Londra | isbn=0-571-18026-4 | id= , [[OCLC]] 8318939 | lingua=en }}
* {{cita libro  | autore= Eric Burgess | anno= 1982 | titolo= By Jupiter: Odysseys to a Giant | url= https://archive.org/details/byjupiterodyssey0000burg | editore= Columbia University Press | città= New York | isbn= 0-231-05176-X | lingua= en }}
* {{cita libro  | autore= John H. Rogers | anno=1995 | titolo=The Giant Planet Jupiter | editore=Cambridge University Press | città= Cambridge | isbn=0-521-41008-8 | id=, [[Online Computer Library Center|OCLC]] 219591510 | lingua=en }}
* {{cita libro | autore=Reta Beebe | titolo= Jupiter: The Giant Planet| edizione= 2| anno= 1996 | editore= Smithsonian Institute Press | città = Washington | isbn=1-56098-685-9| lingua=en}}
* {{cita libro | autore=AA.VV. | curatore=Kelly J. Beatty; Carolyn Collins Peterson; Andrew Chaiki | anno=1999 | titolo=The New Solar System | url=https://archive.org/details/newsolarsystem0000unse_z6a8 | ed=4 | editore=Sky Publishing Corporation | città=Massachusetts | isbn=0-933346-86-7 | id= , [[OCLC]] 39464951| lingua=en }}
* {{cita libro | autore= D. C. Jewitt; S. Sheppard ; C. Porco | coautori= F. Bagenal; T. Dowling; W. McKinnon | anno= 2004 | titolo= Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere | città= Cambridge | editore= Cambridge University Press | isbn= 0-521-81808-7 | url= http://www.ifa.hawaii.edu/~jewitt/papers/JUPITER/JSP.2003.pdf | urlarchivio= https://web.archive.org/web/20070614045102/http://www.ifa.hawaii.edu/~jewitt/papers/JUPITER/JSP.2003.pdf | dataarchivio= 14 giugno 2007 | lingua= en | urlmorto= sì }}
* {{cita libro | autore= Linda T. Elkins-Tanton | anno= 2006 | titolo= Jupiter and Saturn | url= https://archive.org/details/jupitersaturn0000elki_t3r5 | editore= Chelsea House | città= New York | isbn= 0-8160-5196-8 | lingua= en }}

=== Pubblicazioni scientifiche (in lingua inglese) ===
* {{Cita pubblicazione| autore=F. J. Low |titolo=Observations of Venus, Jupiter, and Saturn at λ20 μ |anno=1966 |rivista=[[Astronomical Journal]] |volume=71 |p=391|doi=10.1086/110110 |url=http://adsabs.harvard.edu/abs/1966AJ.....71R.391L
|accesso=19 febbraio 2011|cid=Low}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Ingersoll | nome = Andrew P. | coautori = Cuzzi, Jeffrey N. | data =  | anno = 1969 | titolo = Dynamics of Jupiter's cloud bands | rivista = Journal of the Atmospheric Sciences | volume = 26 | pp = 981-985 | doi = 10.1175/1520-0469(1969)026<0981:DOJCB>2.0.CO;2 | url = http://ads.ari.uni-heidelberg.de/abs/1969JAtS...26..981I | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Ingersoll1969}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Stone | nome = Peter H. | anno = 1974 | titolo = On Jupiter's Rate of Rotation | rivista = Journal of Atmospheric Sciences | volume = 31 | pp = 1471-1472 | doi = 10.1175/1520-0469(1974)031<1471:OJROR>2.0.CO;2 | url = http://journals.ametsoc.org/doi/pdf/10.1175/1520-0469%281974%29031%3C1471%3AOJROR%3E2.0.CO%3B2 | accesso=27 giugno 2016 | lingua = en|cid=Stone}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Busse | nome = F.H. | anno = 1976 | titolo = A simple model of convection in the Jovian atmosphere | rivista = Icarus | volume = 29 | pp = 255-260 | doi = 10.1016/0019-1035(76)90053-1 | url = http://ads.ari.uni-heidelberg.de/abs/1976Icar...29..255B | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Busse}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Smith | nome = B. A. | etal = s | anno = 1979 | titolo = The Jupiter system through the eyes of Voyager 1 | rivista = Science | volume = 204 | pp = 951–957, 960–972 | doi = 10.1126/science.204.4396.951 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/1979Sci...204..951S | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Smith}}
* {{Cita pubblicazione|autore=J. Pearl, B. J. Conrath, R. A. Hanel, J. A. Pirraglia |data=marzo 1990| titolo=The albedo, effective temperature, and energy balance of Uranus, as determined from Voyager IRIS data| rivista= Icarus|volume= 84|pp=12-08| doi=10.1016/0019-1035(90)90155-3|url= http://adsabs.harvard.edu/abs/1990Icar...84...12P|accesso=19 febbraio 2011|cid=Pearl1990}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Hammel | nome = H. B. |wkautore=Heidi Hammel | coautori = Lockwood, G. W.; Mills, J. R.; Barnet, C. D. | anno = 1995 | titolo = Hubble Space Telescope Imaging of Neptune's Cloud Structure in 1994 | rivista = Science | volume = 268 | numero = 5218 | pp = 1740-1742 | doi = 10.1126/science.268.5218.1740 | accesso=27 febbraio 2008 | lingua = en|cid=Hammel}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Reese | nome = Elmer J. | coautori = Solberg, H. Gordon | anno = 1996 | titolo = Recent measures of the latitude and longitude of Jupiter's red spot | rivista = Icarus | volume = 5 | numero = 1–6 | pp = 266-273 | doi = 10.1016/0019-1035(66)90036-4 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/1966Icar....5..266R | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Reese}}
* {{Cita libro|lingua=en | autore= John H. Rogers | anno=1995 | titolo=The Giant Planet Jupiter | editore=Cambridge University Press | città= Cambridge | isbn=0-521-41008-8 | id=, [[Online Computer Library Center|OCLC]] 219591510 |cid=Rogers}}
* {{Cita libro|lingua=en | nome= Reta | cognome= Beebe | titolo= Jupiter: The Giant Planet|url=https://archive.org/details/jupitergiantplan02edbeeb | edizione= 2| anno= 1997 | editore= Smithsonian Institute Press | città = Washington | isbn=1-56098-685-9|cid=Beebe}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = McKim | nome = R. J. | anno = 1997 | titolo = P. B. Molesworth's discovery of the great South Tropical Disturbance on Jupiter, 1901 | rivista = Journal of the British Astronomical Association | volume = 107 | numero = 5 | pp = 239-245 | url = http://adsabs.harvard.edu/full/1997JBAA..107..239M | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=McKim}}
* {{Cita libro|cognome=Ridpath |nome=Ian |titolo=Norton's Star Atlas and Reference Handbook |annooriginale=1998 |edizione=19a |editore=Addison Wesley Longman Ltd. |città=Harlow |lingua=en |pagine=107 |cid=Ridpath}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Seiff | nome = Alvin | coautori = Kirk, Don B.; Knight, Tony C.D. ''et al.'' | anno = 1998 | titolo = Thermal structure of Jupiter's atmosphere near the edge of a 5&nbsp;µm hot spot in the north equatorial belt | rivista = Journal of Goephysical Research | volume = 103 | pp = 22.857–22.889 | doi =10.1029/98JE01766  | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/1998JGR...10322857S | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Sieff}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Atreya | nome = S.K. | coautori = Wong, M.H.;  Owen, T.C. ''et al.'' | anno = 1999 | titolo = A comparison of the atmospheres of Jupiter and Saturn: deep atmospheric composition, cloud structure, vertical mixing, and origin | rivista = Planetary and Space Sciences | volume = 47 | pp = 1243-1262 | doi = 10.1016/S0032-0633(99)00047-1 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/1999P%26SS...47.1243A | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Atreya1999}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Guillot | nome = Tristan | anno = 1999 | titolo = A comparison of the interiors of Jupiter and Saturn | rivista = Planetary and Space Sciences | volume = 47 | pp = 1183-1200 | doi = 10.1016/S0032-0633(99)00043-4 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/1999P%26SS...47.1183G | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Guillot}}
* {{Cita libro|cognome=Hockey |nome=Thomas |annooriginale=1999 |editore=Institute of Physics Publishing |città=Bristol, Philadelphia |lingua=en |isbn=0-7503-0448-0 |titolo=Galileo's Planet: Observing Jupiter Before Photography|url=https://archive.org/details/galileosplanetob0000hock_d2a1 |cid=Hockey1999}}
* {{Cita pubblicazione | cognome = Bhardwaj | nome = Anil | coautori = Gladstone, G.Randal | anno = 2000 | titolo = Auroral emissions of the giant planets | rivista = Reviews of Geophysics | volume = 38 | numero = 3 | pp = 295-353 | doi = 10.1029/1998RG000046 | url = http://www.agu.org/pubs/crossref/2000.../1998RG000046.shtml | accesso = 1º aprile 2009 | lingua = en | cid = Bhardwaj | urlmorto = sì }}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Rogers | nome = John H. | coautori = Metig, Hans Jorg | anno = 2001 | titolo = Jupiter in 1998/99 | rivista = Journal of the British Astronomical Association | volume = 111 | numero = 6 | pp = 321-332 | url = http://www.britastro.org/jupiter/JBAA111_Jup98.pdf | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Rogers2001}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Sanchez-Lavega | nome = A. | coautori = Orton, G. S.; Morales R.; ''et al.'' | anno = 2001 | mese=febbraio| titolo = The Merger of Two Giant Anticyclones in the Atmosphere of Jupiter | rivista = Icarus | volume = 149 | numero = 2 | pp = 491-495 | doi = 10.1006/icar.2000.6548| accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Sanchez2001}}
* {{Cita pubblicazione | cognome = Beatty | nome = J. Kelly | anno = 2002 | titolo = Jupiter's Shrinking Red Spot | rivista = Sky and Telescope | volume = 103 | numero = 4 | p = 24 | url = http://www.saburchill.com/HOS/astronomy/034.html | accesso = 21 giugno 2007 | lingua = en | cid = Beatty | dataarchivio = 27 maggio 2011 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20110527081602/http://www.saburchill.com/HOS/astronomy/034.html | urlmorto = sì }}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Atreya | nome = S.K. | coautori = Mahaffy, P.R.;  Niemann, H.B. ''et al.'' | anno = 2003 | titolo = Composition and origin of the atmosphere of Jupiter—an update, and implications for the extrasolar giant planets | rivista = Planetary and Space Sciences | volume = 51 | pp = 105-112 | doi = 10.1016/S0032-0633(02)00144-7 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/2003P%26SS...51..105A | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Atreya2003}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Encrenaz | nome = Therese | anno = 2003 | titolo = ISO observations of the giant planets and Titan: what have we learnt? | rivista = Planet. Space Sci. | volume = 51 | pp = 89-103 | doi = 10.1016/S0032-0633(02)00145-9 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/2003P%26SS...51...89E | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Encrenaz}}
* {{Cita libro|cognome=Irwin |nome=Patric |titolo=Giant Planets of Our Solar System. Atmospheres, Composition, and Structure |annooriginale=2003 |editore=Springer and Praxis Publishing |isbn=978-3-540-00681-7|cid=Irwin2003}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Rogers | nome = John H. | anno = 2003 | titolo = Jupiter in 1999/2000. II: Infrared wavelengths | rivista = Journal of the British Astronomical Association | volume = 113 | numero = 3 | pp = 136-140 | url = http://www.britastro.org/jupiter/JBAA113-Jup9900_II-IR.pdf | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Rogers2003}}
* {{Cita pubblicazione| autore=Ashraf Youssef, Philip S. Marcus | titolo=The dynamics of jovian white ovals from formation to merger | rivista=Icarus | anno=2003 | volume=162 | numero=1 | pp=74-93 | url=http://adsabs.harvard.edu/abs/2003Icar..162...74Y | accesso=15 giugno 2007 | doi = 10.1016/S0019-1035(02)00060-X | lingua = en|cid=Ashraf}}
* {{Cita libro|cognome=Ingersoll |nome=Andrew P. |coautori=Timothy E. Dowling; Peter J. Gierasch; Glenn S. Orton; Peter L. Read; Agustin S´anchez-Lavega; Adam P. Showman; Amy A. Simon-Miller; Ashwin R. Vasavada |curatore=Bagenal, F.; Dowling, T.E.; McKinnon, W.B. |titolo=Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere |annooriginale=2004 |formato=PDF |accesso=1º aprile 2009 |editore=Cambridge University Press |città=Cambridge |lingua=en |isbn=0-521-81808-7 |capitolo=Dynamics of Jupiter's Atmosphere |url_capitolo=https://www.lpl.arizona.edu/~showman/publications/ingersolletal-2004.pdf|cid=Ingersoll}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Kunde | nome = V.G. | coautori = Flasar, F.M.;  Jennings, D.E. ''et al.'' | anno = 2004 | titolo = Jupiter's Atmospheric Composition from the Cassini Thermal Infrared Spectroscopy Experiment | rivista = Science | volume = 305 | pp = 1582-1586 | doi = 10.1126/science.1100240 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/2004Sci...305.1582K | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Kunde}}
* {{Cita libro|cognome=Yelle |nome=R.V. |coautori=Miller, S. |curatore=Bagenal, F.; Dowling, T.E.; McKinnon, W.B. |titolo=Jupiter: The Planet, Satellites and Magnetosphere |annooriginale=2004 |formato=PDF |accesso=1º aprile 2009 |editore=Cambridge University Press |città=Cambridge |lingua=en |isbn=0-521-81808-7 |capitolo=Jupiter's Thermosphere and Ionosphere  |url_capitolo=https://www.lpl.arizona.edu/~yelle/eprints/Yelle04c.pdf|cid=Yelle}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Atreya | nome = Sushil K. | coautori = Wong, Ah-San | data = 2005 | titolo = Coupled Clouds and Chemistry of the Giant Planets – a Case for Multiprobes | rivista = Space Sci. Rev. | volume = 116 | pp = 121-136 | doi = 10.1007/s11214-005-1951-5 | url = http://www-personal.umich.edu/~atreya/Chapters/2005_JovianCloud_Multiprobes.pdf | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Atreya2005a}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Atreya | nome = S.K. | coautori = Wong, A.S.; Baines, K.H. ''et al.'' | anno = 2005 | titolo = Jupiter's ammonia clouds—localized or ubiquitous? | rivista = Planetary and Space Sciences | volume = 53 | pp = 498-507 | doi = 10.1016/j.pss.2004.04.002 | url = http://www-personal.umich.edu/~atreya/Articles/2005_Jupiters_Ammonia.pdf | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Atreya2005}}
* {{Cita pubblicazione | cognome = Hiempel | nome = Moritz | coautori = Aurnou,, Jonathan; Wicht, Johannes | anno = 2005 | titolo = Simulation of equatorial and high-latitude jets on Jupiter in a deep convection model | rivista = Nature | volume = 438 | pp = 193-196 | doi = 10.1038/nature04208 | url = http://mahi.ucsd.edu/seminar/ZWs-Jupiter-Nature05.pdf | accesso = 1º aprile 2009 | lingua = en | cid = Hiempel2005 | urlmorto = sì | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20090304203906/http://mahi.ucsd.edu/seminar/ZWs-Jupiter-Nature05.pdf | dataarchivio = 4 marzo 2009 }}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Miller | nome = Steve | coautori = Aylword, Alan; e Milliword, George | anno = 2005 | titolo = Giant Planet Ionospheres and Thermospheres: the Importance of Ion-Neutral Coupling | rivista = Space Sci.Rev. | volume = 116 | pp = 319-343 | doi = 10.1007/s11214-005-1960-4 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/2005SSRv..116..319M | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Miller2005}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Vasavada | nome = Ashvin R. | coautori = Showman, Adam | anno = 2005 | titolo = Jovian atmospheric dynamics: an update after Galileo and Cassini | rivista = Reports on Progress in Physics | volume = 68 | pp = 1935-1996 | doi = 10.1088/0034-4885/68/8/R06 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/2005RPPh...68.1935V | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Vasavada}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Go | nome = Christopher Y. | coautori = de Pater, I.; Wong M. ''et al.'' | anno = 2006 | mese=settembre| titolo = Evolution Of The Oval Ba During 2004–2005 | rivista = American Astronomical Society | volume = 38 | p = 495 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/2006DPS....38.1102G | accesso=16 ottobre 2008 | lingua = en|cid=Go}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Baines | nome = Kevin H. | coautori = Simon-Miller, Amy A.; Orton, Glen S. ''et al.'' | anno = 2007 | titolo = Polar Lightning and Decadal-Scale Cloud Variability on Jupiter | rivista = Science | volume = 318 | numero = 5848 | pp = 226-229 | doi = 10.1126/science.1147912 | id = 17932285 | url = http://adsabs.harvard.edu/abs/2007Sci...318..226B | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Baines2007}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Rogers | nome = John H. | anno = 2008 | titolo = The accelerating circulation of Jupiter's Great Red Spot | rivista = Journal of the British Astronomical Association | volume = 118 | numero = 1 | pp = 14-20 | url = http://www.britastro.org/jupiter/JBAA-118-1_GRS-paper.pdf | accesso=1º aprile 2009 | lingua = en|cid=Rogers2008}}
* {{Cita pubblicazione| cognome = Sanchez-Lavega | nome = A. | coautori = Orton, G.S.; Hueso, S. ''et al.'' | anno = 2008 | titolo = Depth of the strong Jovian jet from a planetary scale disturbance driven by storms | rivista = Nature | volume = 451 | pp = 437-440| doi = 10.1038/nature06533| lingua = en|cid=Sanchez2008}}
* {{Cita pubblicazione |lingua=en |cognome1=Adriani |nome1=A.|etal=si |data=marzo 2018 |titolo=Clusters of cyclones encircling Jupiter's poles |rivista=Nature |volume=555 |numero=7695 |pp=216-219 |doi=10.1038/nature25491 |cid=Adriani2018}}
* {{Cita pubblicazione |lingua=en |cognome1=Tabataba-Vakili |nome1=F. |etal=sì |data=gennaio 2020 |titolo=Long-term tracking of circumpolar cyclones on Jupiter from polar observations with JunoCam |rivista=Icarus |volume=335 |p=113405 |doi=10.1016/j.icarus.2019.113405 |cid=Tabataba2020}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Patrick G. J. Irwin et al.|data=1 gennaio 2025|titolo=Clouds and Ammonia in the Atmospheres of Jupiter and Saturn Determined From a Band-Depth Analysis of VLT/MUSE Observations|rivista=Journal of Geophysical Research – Planets|volume=130|numero=1|lingua=en|doi=10.1029/2024JE008622}}

== Altri progetti ==
{{interprogetto}}

== Collegamenti esterni ==
* {{cita news | autore=Sarah Yang | titolo=Researcher predicts global climate change on Jupiter as giant planet's spots disappear | editore=UC Berkeley News | giorno=21|mese=04|anno=2004 | url=https://www.berkeley.edu/news/media/releases/2004/04/21_jupiter.shtml | accesso=14 giugno 2007| lingua=en | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20160421130605/http://www.berkeley.edu/news/media/releases/2004/04/21_jupiter.shtml | dataarchivio = 21 aprile 2016}}

{{AtmosferaPlanetaria}}
{{Controllo di autorità}}
{{portale|sistema solare}}
{{vetrina|2|maggio|2009|Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Atmosfera_di_Giove|arg=astronomia}}

[[Categoria:Giove]]
[[Categoria:Atmosfere planetarie]]